giovedì 19 dicembre 2013

MANTENIMENTO DEI FIGLI MAGGIORENNI


Punto fermo nella giurisprudenza e nella dottrina è il principio secondo il quale al figlio maggiorenne non economicamente autosufficiente deve essere garantito a pieno il soddisfacimento dei doveri genitoriali.

Sorgono problemi però nel caso in cui il figlio maggiorenne abbia trovato un’occupazione lavorativa, seppur temporanea.
La verifica della persistenza dell’obbligo di mantenimento è ancorata al raggiungimento dell’autosufficienza economica da parte dei figli.
La Cassazione, in numerose sentenze, ha affermato che il mantenimento del figlio maggiorenne convivente è da escludere quando quest’ultimo, anche se momentaneamente non autosufficiente economicamente, ha in passato espletato attività lavorativa in quanto, in tal modo ha dimostrato il raggiungimento di un’adeguata indipendenza; non può avere infatti rilievo il successivo abbandono dell’attività lavorativa da parte del figlio, in quanto, una volta venuti meno i presupposti per il mantenimento, questi non possono risorgere.

TUTTAVIA, il solo raggiungimento della maggiore età o l’acquisita autosufficienza economica non liberano automaticamente il genitore in quanto è necessario un provvedimento del giudice che lo autorizzi.
Inoltre, al fine della cessazione dell’obbligo di mantenimento, è necessario che l’attività lavorativa sia conforme alla professionalità acquisita durante gli studi dal figlio e che presenti un certo carattere di stabilità. L’impiego, infatti, oltre ad essere stabile deve anche essere adeguato alle attitudini e alle aspirazioni del figlio.
Nel caso in cui il figlio impiegato stabilmente perda poi il lavoro, non risorge l’obbligo di mantenimento che si estingue definitivamente con il raggiungimento dell’indipendenza economica, ma potrà chiedere, qualora ne ricorrano i presupposti, la corresponsione degli alimenti; occorre, tuttavia, che vi sia un vero stato di bisogno del figlio che obbligherà entrambi i genitori a fornirgli quanto necessario per vivere.

Tale posizione assunta dalla Corte si scontra con la polemica che da anni caratterizza la nostra società e cioè quella dei cd. bamboccioni.
La Corte con una recente sentenza ha, infatti, rimarcato come l’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne economicamente non autosufficiente sussiste anche se ha superato i 30 anni di età e non ha raggiunto una propria autosufficienza economica per ragioni a lui non imputabili.

Meglio allora che il ragazzo continui a starsene a casa piuttosto che mettersi in gioco e trovare lavoro anche se poi, anche per fattori esterni allo stesso potrà trovarsi disoccupato?

Quindi, meglio superare i 30 anni perché non si è trovato un lavoro che ci aggrada e che non è in linea con le nostre attitudini, però continuare a percepire il mantenimento
Oppure
Rimboccarsi le maniche, lavorare, fare di tutto per gravare il meno possibile sul bilancio familiare e accettare qualche compromesso per avere poi i mezzi per raggiungere i propri obiettivi, con l’alto rischio di non percepire più alcunché?

Secondo la Corte di Cassazione l’obbligo dei genitori di concorrere tra loro al mantenimento dei figli non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età ma perdura, immutato, finché il genitore interessato non prova che il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica o che non lavora perché “svogliato”; caratteri questi da valutare in relazione alle aspirazioni, al percorso di studi e alla situazione attuale del mercato del lavoro.

Il mercato del lavoro! Il grande nemico dei giovani di oggi…vieni assunto, uno stage, un tirocinio, un progetto, qualunque cosa sia, è a tempo determinato. E allo scadere del contratto, sempre che un contratto ci sia?!?!?!? A casa! Beh! Difficile parlare di indipendenza economica.
Sulla scorta del principio della valutazione della situazione in base al mercato del lavoro la Corte ha negato la sospensione dell’assegno di mantenimento se il figlio ha lavorato solo per un breve periodo di tempo con retribuzione irrilevante ma anche se si tratta di un’attività lavorativa non sufficientemente stabilizzata e, comunque, non congrua rispetto alle vere e ragionevoli aspettative del figlio.

Un grande caos, manca una posizione uniforme, calibrata a quella che è la situazione attuale della società, è necessario pertanto rimettersi alla logica e al buon senso del giudice che si trova a valutare volta per volta il caso concreto.

Avv. Guglielmo Mossuto

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