venerdì 31 gennaio 2014

C/C COINTESTATO: DIRITTO ALLA RESTITUZIONE DEL 50%


Accade in molte coppie che, al momento del matrimonio, i coniugi decidano di aprire un conto corrente bancario cointestato, destinato per lo più alle spese della casa e della famiglia. 

Tuttavia, spesso questi conti correnti creano non pochi disagi, soprattutto in sede di separazione. Al riguardo è intervenuta la Cassazione che ha affermato il principi oper cui, la parte che ha prelevato delle somme, è tenuta alla restituzione all’altro intestatario. Occorre evidenziare che tale principio è valido in ogni caso, qualunque sia il rapporto sottostante (coniugi, fratelli, amici, parenti, soci...)

Si presume, infatti, che se il conto corrente è cointestato, allora entrambi i soggetti saranno titolari del rapporto ed è proprio in virtù di quest che all'altro intestatario del c/c spetterà la metà di quanto prelevato.

Per ottenere la restituzione però, molte volte si rende necessario ricorrere ad un Giudice ed è necessario rivolgersi ad un legale di fiducia. L'assistenza di un avvocato è molto importante in quanto, insieme alla restituzione del 50% della somma ritirata, il contitolare del c/c avrà diritto anche al pagamento degli interessi.
Tali interessi tuttavia non decorreranno dalla data del prelievo bensì dalla data di iscrizione a ruolo dell'atto di citazione presso il Tribunale competente.

Avv. Guglielmo Mossuto


AVV. MOSSUTO A LADY RADIO 5° PUNTATA



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giovedì 23 gennaio 2014

AVV. MOSSUTO A LADY RADIO 4° PUNTATA

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parcheggi a pagamento - parcheggi liberi, alternanza obbligatoria...tranne in alcuni casi.


A chi non è successo, in una domenica in cui avevate deciso di fare una gita fuori porta o in un'affannosa giornata di lavoro, di vagare alla ricerca di un parcheggio? 
Oggi più che mai vaghiamo alla ricerca di parcheggi liberi, non a pagamento, perchè se la sosta è prolungata, magari per l'intera giornata, il prezzo da pagare diventa a dir poco "salato"..
Tuttavia, non esiste un obbligo generale per il Comune di realizzare parcheggi a pagamento solo se nelle vicinanze ce ne sono anche liberi. 
Ciò non accade, infatti, se la zona in questione ha, ad esempio, particolari esigenze di traffico veicolare.
L'art. 7, co.8, del codice della strada afferma infatti che "qualora il comune assuma l'esercizio diretto del parcheggio con custodia o lo dia in concessione ovvero disponga l'installazione dei dispositivi di controllo di durata della sosta (...) su parte della stessa area o su altra parte nelle immediate vicinanze, deve riservare una adeguata area destinata a parcheggio rispettivamente senza custodia o senza dispositivi di controllo di durata della sosta." 
In sostanza, quindi, secondo questa disposizione, il Comune deve garantire l’alternanza tra parcheggi a pagamento e parcheggi liberi.
Il Consiglio di Stato però, in una recente sentenza, ha sottolineato come lo stesso articolo prosegua prevedendo un'eccezione alla regola generale che si realizza in caso di aree pedonali, zone a traffico limitato e aree ad alta rilevanza urbanistica
In tali casi non è richiesta alcuna procedura ad hoc ed il Comune potrà realizzare parcheggi a pagamento senza dover contemporaneamente realizzarne di gratuiti nelle vicinanze ricorrendo a un provvedimento che illustri in modo adeguato i motivi logici e razionali che giustifichino e evidenzino il rapporto tra la rilevanza della zona e l'obbligo di pagamento di una tariffa per la sosta.

Avv. Guglielmo Mossuto

PUNTI PATENTE: da tutto a niente in una sola volta!



In una recente circolare il Ministero dell'Interno ha affermato l'inapplicabilità dell'art. 126bis del codice della strada in caso di conducente recidivo nell'arco di 2 anni.

La norma infatti prevede il limite di 15 punti decurtabili in una sola volta in seguito al contemporaneo accertamento di più violazioni.

Questo tetto massimo di decurtazione non vale nel caso di violazioni gravi che comportino la sospensione o la revoca della patente. È ovvio che, in tali ipotesi, il conducente perde tutti i punti e subito.

Ma non pensiamo al solo stato di ebrezza o all'eccessiva velocità, ci sono infatti alcune violazioni del codice, apparentemente più leggere, che sono considerate dalla legge assai gravi.

Rientrano in tale categoria, ad esempio, il mancato uso della cintura di sicurezza, il passaggio con il rosso e l’uso del telefono senza auricolare. 

In tali casi, se la stessa violazione è stata commessa nell'arco di un biennio, si avrà la sospensione della patente.

Quindi, vi sono casi in cui è possibile perdere tutti i punti della patente in una sola volta: ciò accade se lo stesso illecito viene commesso per due volte in due anni. 

Occorre essere sempre attenti!!!

Ligi alle regole, certo, ma anche coscienti dei propri diritti e pronti a farli valere, perchè, attenzione, non sempre la sanzione viene comminata regolarmente.

E' pertanto opportuno, almeno nei casi più controversi, informarsi e, se del caso, far valere i propri diritti nelle opportune sedi.

Avv. Guglielmo Mossuto

martedì 14 gennaio 2014

DIVORZIO ED EREDITA' DELL' EX CONIUGE: CHE FARE?



Cari lettori ed amici,
con il mio post di oggi vorrei affrontare una questione sulla quale molti di voi spesso mi pongono delle giuste ed interessanti domande: quali diritti ho sull'eredità dell'ex coniuge dopo il divorzio?

Ebbene, per rispondere a questo interrogativo è necessario premettere che, a seguito di una pronuncia di divorzio, sia esso congiunto (per accordo delle parti) o contenzioso ( dove l'accordo viene deciso dal giudice), si perde definitivamente lo status giuridico di "coniuge".

Ne deriva inevitabilmente che cessano di esistere tutti i diritti che la legge italiana riconnette alla situazione matrimoniale.

In altre parole il "coniuge divorziato" non ha più alcun diritto successorio nei confronti del defunto ex coniuge.

Non avendo più la qualità di erede infatti non potrà partecipare alla chiamata ereditaria, a meno che non sia lo stesso defunto a inserirlo in una specifica disposizione testamentaria.

Ciò nonostante la famosa legge n. 898/1970, meglio nota come legge sul divorzio, all'art. 9 bis prevede un'ultima àncora di salvezza  per la quale l'ex coniuge superstite anche in assenza si una specifica disposizione testamentaria possa partecipare alla successione.

L'art. 9 bis infatti dispone che il beneficiario di somme periodiche di denaro ai sensi dell'articolo 5 della richiamata legge possa richiedere e ricevere, in caso di morte dell'obbligato, un assegno a carico dell'eredità.

In tal caso infatti, qualora il beneficiario di somme periodiche di denaro versi in uno stato di bisogno, ha diritto a ricevere un assegno a carico dell'eredità.

In particolare infatti l'ammontare di tale somma dovrà necessariamente tener conto dell'assegno di divorzio (eventualmente versato in vita), dell'entità del bisogno e dell'eventuale attribuzione della pensione di reversibilità nonchè del numero e della condizione economica degli eredi.

Condizione necessaria resta dunque l'essere titolari di un assegno divorzile a carico dell'ex coniuge defunto.
Solo quest'ultimo infatti potrà richiedere l'applicazione dell'art. 9 bis, in assenza nessun diritto potrà esservi riconosciuto.

Inutile dire, cari lettori, che è di fondamentale importanza farvi assistere in queste richieste dal Vs legale di fiducia, non solo nella fase successiva, ma anche nella fase iniziale della causa di divorzio affinchè il professionista possa illustrarVi le possibilità caso per caso.

Fin troppo spesso accade infatti che pur di addivenire ad una rapida conclusione del processo, si rinuncia a dei nostri diritti ai quali difficilmente si potrà porre rimedio.

Avv. Guglielmo Mossuto



  


venerdì 10 gennaio 2014

ICI, IMU, IUC...cambia il nome, ma il contenuto resta quello!!!


IMU, IVA, IRPEF, IRAP, ICI, TARSU, TASI, TARSI, TARI.....tante sigle, tanto caos e pochi punti fermi! Uno su tutti: il cittadino deve pagare! 


Dal primo gennaio è entrata in vigore l’imposta unica comunale, la cd. “Service Tax” che racchiude in sé tutte le predette imposte.
Si tratta di un'unica imposta articolata al suo interno in più parti:
- la prima parte corrisponde alla vecchia IMU, è dovuta da chiunque possieda un fabbricato, un terreno, un'area fabbricabile, non risulta determinante l'uso al quale sono destinati e ne risulta esclusa l'abitazione principale e le relative pertinenze a meno che non si tratti di abitazioni signorili, ville e palazzi di pregio. Il pagamento spetterà ai proprietari di immobili ovvero ai titolari di usufrutto, uso, diritto di abitazione, enfiteusi e superficie.
- la seconda parte si articola a sua volta in altri due tributi:
a) Tasi: ossia il tributo per tutti i servizi offerti dal Comune, come ad esempio la manutenzione e l’illuminazione delle strade. È posta a carico sia del possessore sia dell’utilizzatore dell'immobile, del fabbricato, compresa l’abitazione principale come definita ai fini Imu, di aree scoperte o edificabili, a qualsiasi uso adibiti, con esclusione delle aree scoperte pertinenziali o accessorie a locali imponibili, non operative, e delle aree comuni condominiali che non sono detenute o occupate in via esclusiva e i locali sono occupati da un soggetto diverso dal titolare del diritto reale sull’unità immobiliare.;
b) Tari: è la tassa sui rifiuti ed è posta a carico dell’utilizzatore dell’immobile; deve infatti essere pagata da chi possiede o detiene a qualsiasi titolo locali o aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani, con esclusione delle aree scoperte pertinenziali o accessorie a locali tassabili, non operative, e delle aree comuni condominiali che non sono detenute o occupate in via esclusiva.

Per quanto attiene alle relative aliquote, tutto è devoluto alle autonomie locali. Spetterà ai singoli comuni pertanto individuare la propria aliquota, all'interno dei minimi e i massimi dettati dalla normativa.

La crisi economica è stata la causa della perdita dei risparmi di una vita per moltissimi italiani; come se ciò non fosse sufficiente, ci ritroviamo a dover subire una pressione fiscale stratosferica che aumenta proporzionalmente al diminuire della capacità patrimoniale dei cittadini.
Paghiamo le strade, i trasporti, l'illuminazione, l'immondizia...e non riusciamo tuttavia a spiegarci il motivo di buche nelle strade grandi come crateri, abbonamenti per i trasporti molto onerosi e trasporti pubblici causa di enormi disagi per ritardi e malfunzionamenti, illuminazioni arancioni a risparmio energetico che rischiano di essere piuttosto un risparmio sulla vita dei pedoni e, infine, cumuli di sacchi dell'immondizia accatastati intorno ai cassoni e, spesso, cassonetti della raccolta differenziata disseminati per i paesi che obbligano i cittadini virtuosi a una "gita con la spazzatura" pur di restare coerenti con la propria idea ecologica.

Avv. Guglielmo Mossuto



Licenziamento! Attenzione agli imbrogli!


Il rapporto di lavoro può cessare per libera volontà tanto del lavoratore quanto del datore di lavoro, condizione comune è comunque il regolare preavviso alla controparte.
Tale preavviso varia in base all'impegno settimanale del rapporto di lavoro: qualora quest'ultimo sia superiore a 24 ore settimanali non potrà essere inferiore a 15 giorni per dipendenti con anzianità presso lo stesso datore inferiore a 5 anni mentre sarà di 30 giorni se la predetta anzianità supera i 5 anni. I termini subiranno una diminuzione pari alla metà nel caso in cui l'impegno lavorativo non superi le 24 ore settimanali; inoltre, in caso di dimissioni da parte del lavoratore tali termini saranno ridotti del 50%. 

Il mancato preavviso porterà con se' conseguenze a livello economico essendo prevista un indennità per il lavoratore ovvero una detrazione da parte del datore di lavoro.

Inoltre, ai sensi della più recente normativa, il licenziamento può essere
- per giusta causa: si realizza in presenza di comportamenti talmente gravi da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro.In tal caso il licenziamento avviene senza preavviso, in tronco.
- per giustificato motivo soggettivo: avviene quando da parte del lavoratore viene comunque posto in essere un comportamento o un inadempimento degli obblighi contrattuali però meno grave rispetto alla giusta causa. In questo caso il licenziamento avviene con i termini di preavviso sopra descritti.
- per giustificato motivo oggettivo: con la legge 92 del 2012 (la cosiddetta riforma Fornero), questo tipo di licenziamento è stato indicato come legato ai motivi economici e riguarda non più di 5 lavoratori in un periodo di massimo 120 giorni, ciò lo differenzia dal licenziamento collettivo. 

disciplinare: è regolato dallo Statuto dei lavoratori, la famosa legge n. 300 del 1970. All’interno di ogni azienda deve essere presente un codice disciplinare che individua infrazioni e sanzioni per i comportamenti antisociali e i reati e deve essere portato a conoscenza di tutti. Quando il datore di lavoro nota l’inadempienza deve contestarla al dipendente per iscritto il prima possibile dando la possibilità al lavoratore di difendersi, entro 5 giorni con ricorso al giudice ordinario ovvero entro 20 giorni ricorrendo all'arbitrato. 
ad nutum  si tratta di un'ipotesi che non prevede il preavviso. Avviene con una lettera semplice. Si verifica con il lavoratore in prova, i lavoratori domestici (colf e badanti), apprendisti.

Ciò non basta tuttavia per poter procedere automaticamente al licenziamento.
La Corte d'Appello di Campobasso con la sentenza 189/13 ha, infatti, sancito la nullità del licenziamento nel caso in cui il datore non abbia dato seguito alla richiesta di ascolto del dipendente che sia stata spedita entro sessanta giorni dalla comunicazione di licenziamento. A tal fine è sufficiente che la raccomandata sia stata inviata dal dipendente, non rilevando in alcun modo il giorno di ricezione da parte dell’azienda. 

Nel caso in cui un lavoratore sia stato assunto con contratto di lavoro a termine per ragioni tecnicoproduttivoorganizzativo o sostitutivo, questo dovrà prestare la massima attenzione al momento del licenziamento in quanto troppo spesso le aziende, soprattutto quelle di grandi dimensioni, assumono quale giustificazione la loro "complessità aziendale" al fine di poter godere della disciplina derogatoria della normativa vigente. Tuttavia, al fine di poter definire "complessa" una realtà aziendale, è necessario che la mansione lavorativa sia riferita all'intera azienda e non a una particolare attività all'interno di una sola filiale e ciò deve essere precisamente provato.

Occorre pertanto fare attenzione, tanto al momento della sottoscrizione del contratto quanto al momento dell'eventuale licenziamento o delle dimissioni in quanto tutte le parti in causa sono portate a tutelare il proprio interesse e talvolta, forse troppo spesso, per ignoranza delle norme, per avidità o chissà per cos'altro, il lavoratore si trova a subire pregiudizi senza aver fatto niente per meritarli.

Avv. Guglielmo Mossuto