A livello europeo è stato istituito, nel 1987, il CPT, (comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti) che opera mediante una serie di visite svolte nei diversi paesi dell’Unione Europea per verificare le condizioni in cui vivono i detenuti o comunque tutti coloro che sono stati privati della propria libertà.
Ai sensi dell’articolo 1° della Convenzione europea per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti"il Comitato esamina, per mezzo di sopralluoghi, il trattamento delle persone private di libertà allo scopo di rafforzare, se necessario, la loro protezione dalla tortura e dalle pene o trattamenti inumani o degradanti."
Al termine di ogni visita
il CPT, che è formato da giuristi, medici e specialisti del settore, redige
un’analisi di quanto rilevato che verrà sottoposta all’esame del governo dello
Stato interessato. Attraverso tale rapporto il comitato, oltre a comunicare i
risultati della propria attività, raccomanda le misure da prendere e richiede
al governo una risposta concreta alle questioni sollevate.
Lo scopo del CPT,
tuttavia, non è quello di “bastonare” lo Stato interessato ma piuttosto quello
di tutelare i soggetti privati della propria libertà.
Ed è proprio da un’analisi
del CPT e dai numerosi ricorsi presentati alla Corte di Strasburgo che nel
gennaio scorso è arrivata la condanna dell’Italia “per trattamento inumano e
degradante inflitto agli ospiti delle strutture carcerarie”.
La capienza stimata dei
carceri italiani è di circa 45.000 unità, tuttavia sono oltre 65.000 i detenuti
ospitati in queste strutture. La normativa sanitaria prescrive uno spazio
vitale di almeno 9 mq per ogni detenuto, ma cosi non è, tanto che numerosi sono
i ricorsi presentati da chi è costretto a vivere in spazi inferiori a 3 mq.
Scene degradanti di presentano agli osservatori, con anche 8 persone che
convivono in celle nate per ospitare al massimo 4 detenuti.
Una piaga, quella del
sovraffollamento dei carceri, che il nostro governo dovrà risolvere
velocemente; molti sono infatti i ricorsi pendenti alla Corte Europea dei
Diritti dell’Uomo e molti ancora potrebbero essere presentati dalle migliaia di
detenuti costretti a vivere in maniera degradante.
Anche la Corte di Cassazione si è
allineata alla posizione assunta dalla Corte di Strasburgo; con la sent.
n. 2997 del 12.07.2013 è stato infatti riconosciuto
a un detenuto un risarcimento danni pari a € 2.600 per le condizioni disumane
nelle quali ha vissuto durante la sua detenzione.
Non si tratta certamente
di una cifra sensazionale, tuttavia è una sentenza storica in quanto per la
prima volta si è arrivati a una condanna dell’amministrazione penitenziaria in
seguito a reclamo al magistrato di sorveglianza da parte di un detenuto.
La strada verso una
soluzione definitiva a questa piaga che affligge il nostro Paese è ancora
lunga, nonostante le diverse misure prese e programmate da parte dei diversi
governi che si sono succeduti negli anni; tuttavia una nuova porta si è aperta
per tutte quelle persone che, private della propria libertà, si trovano
costrette a vivere in situazioni di estremo disagio.
Avv. Guglielmo Mossuto