venerdì 27 settembre 2013

COME DETRARRE LE SPESE SOSTENUTE PER I PROPRI FIGLI.


I genitori lavoratori, contribuenti ai fini Irpef, hanno diritto a vedersi detratte alcune spese riconducibili ai propri figli o ad altri eventuali familiari a loro carico.

Ma, chi sono i familiari a carico?
Si tratta di tutti i componenti il nucleo familiare i quali non abbiano un reddito superiore a € 2.840,52; per quanto riguarda le detrazioni per i figli a carico, si prescinde sia dall’età sia dalla convivenza con i genitori.
Pertanto potranno essere detratte anche le spese che il genitore sosterrà per i figli che si trovano fuori casa in quanto, ad esempio, studenti fuori sede.

Qual è l’importo delle detrazioni?
La legge di stabilità 2013 ha previsto un aumento delle detrazioni teoriche rispetto al 2012. Si parla di detrazioni “teoriche” in quanto per determinare la detrazione effettiva è necessario rapportare le cifre previste dalla legge ai redditi specifici, mediante i parametri previsti dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi.
Queste le cifre previste dalla legge di stabilità:
-   €950 per ogni figlio a carico
-   €1.220 per ogni figlio di età inferiore ai tre anni
-   Aumento di €400 per ogni figlio portatore di handicap, ai sensi di quanto stabilito dalla legge 104/1992
-   Aumento di €200 per ciascun figlio per i contribuenti aventi più di tre figli a carico.
La legge prevede che i coniugi possono accordarsi sulla percentuale da detrarre nel caso entrambi percepiscano un reddito. Tuttavia, qualora non ci sia accordo, è previsto che ciascun coniuge percettore di reddito possa  detrarre nella misura del 50% i figli.

E, in caso di genitori separati e conseguente disgregazione del nucleo familiare, chi può giovare delle detrazioni?
Ai sensi dell’art. 12 TUIR, salvo accordo preventivo tra le parti, in caso di separazione legale, di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, la detrazione per i figli a carico, in via generale, spetta al genitore affidatario.
Tuttavia, “nel caso di affidamento congiunto o condiviso la detrazione è ripartita, in mancanza di accordo, nella misura del 50 per cento tra i genitori”. Inoltre, “ove il genitore affidatario ovvero, in caso di affidamento congiunto, uno dei genitori affidatari non possa usufruire in tutto o in parte della detrazione, per limiti di reddito (incapienza), la detrazione è assegnata per intero al secondo genitore. Quest’ultimo, salvo diverso accordo tra le parti, è tenuto a riversare all’altro genitore affidatario un importo pari all’intera detrazione ovvero, in caso di affidamento congiunto, pari al 50 per cento della detrazione stessa”.

Cos’altro è possibile detrarre?
Oltre alla detrazione per figli a carico, ma anche per il coniuge e parenti in generale, sono previste altre detrazioni per oneri e spese, indicate nel quadro E del modello 730 quali:
- Detrazioni per spese sanitarie;
- Detrazioni per spesa sanitarie o per veicoli per disabili;
- Detrazioni per mutui ipotecari;
- Detrazioni per spese di istruzione, ecc.
Per quanto attiene la loro ripartizione tra i coniugi, l’art. 12 comma 1 lettera c) del TUIR, detta le seguenti regole:
-   se si tratta di onere sostenuto per i familiari a carico, la detrazione spetterà al contribuente al quale il documento attestante la spesa è intestato (es: scontrino parlante = scontrino dotato di codice fiscale);
-   se il documento che certifica la spesa è intestato al figlio fiscalmente a carico, le spese saranno suddivise tra i genitori sulla base di chi, dei due, ha realmente sostenuto la spesa; tuttavia, se i genitori intendono ripartire le spese in  misura diversa dal 50% dovranno annotare nel documento comprovante la spesa la diversa percentuale di ripartizione;
-   se uno dei due coniugi è fiscalmente a carico dell’altro, l’intera spesa sarà considerata sostenuta da quest’ultimo, il quale potrà detrarla per l’intero;
La ripartizione percentuale (50% o 100%) prevista per le detrazioni per figli a carico non deve necessariamente essere seguita per le altre spese sostenute per i figli, per le quali non valgono le regole dettate dall’art. 12 comma 1 TUIR.

Avv. Guglielmo Mossuto



martedì 24 settembre 2013

I NONNI, UN TESORO NASCOSTO DENTRO CASA!



Il prossimo 2 ottobre verranno festeggiati tutti i nonni d’Italia; una figura, quella dei nonni, sempre più importante nell’organigramma della famiglia italiana.
Questa festa è stata introdotta nel 2005 quale momento per celebrare l'importanza del ruolo svolto dai nonni all'interno delle famiglie e della società in generale.

I nonni infatti non si limitano a dare un aiuto concreto nella cura dei nipoti ma spesso, soprattutto negli ultimi tempi, apportano un importante aiuto a livello finanziario alla famiglia.
Tuttavia, quando le cose in famiglia peggiorano, a soffrirne sono anche loro, i nonni! Quando i coniugi arrivano a separarsi spesso tendono a alzare delle barricate tra il bambino e i familiari dell’altro genitore, pensando di tutelarlo da chissà cosa, creando in realtà forti traumi e sofferenze.
Il dovere di mantenimento dei figli spetta in primo luogo ai genitori i quali devono provvedervi insieme secondo le loro capacità.

Poi ci sono i nonni…

I nonni infatti non sono soltanto quelli che la domenica dopo il pranzo di famiglia, di nascosto dai genitori, fanno scivolare qualche euro dal proprio portafogli alla tasca del nipote. Qualora i genitori non siano in grado di provvedere economicamente ai propri figli, infatti, i nonni sono chiamati ad intervenire e sono tenuti a dare il proprio contributo economico. 
E' prevista infatti una vera e propria obbligazione sussidiaria dei nonni, concorrente con quella dei genitori, a mantenere i nipoti. I nonni, in virtù dell'art. 148 c.c. sono pertanto tenuti a mantenere i nipoti integrando anche quanto loro destinato dai genitori. 

La legge, la stessa che ha previsto l’affidamento condiviso quale regola generale in caso di separazione, non ha riconosciuto un diritto di visita vero e proprio, ma piuttosto ha previsto il diritto dei minori a conservare la continuità dei rapporti con tutti i parenti, sia dalla parte del padre sia da quella della madre.
Si può dire che è stato riconosciuto il legittimo interesse dei nonni a mantenere vivi i rapporti con i nipoti e a prendersi cura di loro e, pertanto, essi si vedono riconosciuti strumenti volti alla tutela di questo loro interesse. Tali strumenti pongono sempre e comunque il minore e il suo bene al primo posto; pertanto, l’interesse del nonno a vedersi riconosciuto un diritto di visita del nipote sarà pertanto tutelato e la richiesta potrà essere accolta soltanto qualora l’interruzione del rapporto, la distanza, i mancati contatti abbiano avuto ripercussioni sulla crescita del minore.

Tuttavia la giurisprudenza più recente sembra orientata verso il riconoscimento ai nonni degli stessi diritti spettanti ai genitori, per quanto riguarda visite e frequentazioni.
La Corte ha così affermato, proprio in relazione agli obblighi patrimoniali sanciti dall’art. 155 del codice civile a carico dei nonni, che “l’esercizio della potestà genitoriale non può spingersi fino a impedire o ostacolare fortemente il diritto del figlio minore a costruire e mantenere legami affettivi con ascendenti e parenti di ciascun ramo genitoriale, fondamentali per un corretto sviluppo psico – fisico (…)”.

Sull’importanza del nonno nella vita di un bambino restano pochi dubbi, se non nessuno!
Adesso i nonni possono recarsi da un avvocato e lottare, dinanzi ad un giudice del Tribunale dei minorenni, al fine di tutelarsi e, in tal modo, garantire anche ai propri nipoti una ricchezza a livello educativo, affettivo, culturale e morale che nessun libro, lavoro o qualunque altro rapporto potranno mai dar loro!

Avv. Guglielmo Mossuto



giovedì 19 settembre 2013

LA VIOLENZA NON E’ AMORE!



Nel 2012 si è verificato un femminicidio ogni due giorni, spesso tra le mura domestiche, e spesso il carnefice è stato proprio colui che diceva di amare quelle donne, non fermandosi neppure in presenza dei figli.
Quando dopo un giorno di lavoro, di cura dei figli, di lavori domestici non vorresti altro che startene tranquilla, e invece arriva lui, stanco, nervoso, ed inizia a insultarti, maltrattarti…non cedere! REAGISCI!
Viene spesso da pensare che possa trattarsi di un comportamento passeggero, magari dovuto allo stress, oppure a problemi sul lavoro, oppure che sia un sintomo del fatto che con il tempo il rapporto abbia iniziato a logorarsi; la realtà è che si tratta di mancanza di rispetto, di mancanza di amore!
Si, perché gli schiaffi e i pugni non sono amore, i baci lo sono, gli abbracci lo sono, ma la violenza, gli insulti, i soprusi non sono amore! Ed allora è giusto denunciare! Anzi, è doveroso! Perché le mogli non sono né crocerossine, né tanto meno medici psichiatri!!
E non si cambia una persona violenta!
Talvolta è necessaria una dose di egoismo ed una grande quantità di amor proprio, perché la ricerca di ogni giustificazione possibile spesso prevale sulla determinazione a fare quei passi verso la Caserma dei Carabinieri più vicina!

La legge è dalla vostra parte!!!

L’art. 2043 del codice civile afferma che “qualunque fatto, doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”.
La violenza può manifestarsi in tante vesti, può colpire diversi aspetti della personalità di un individuo; pertanto, la giurisprudenza ha individuato varie tipologie di danno:
-    danno patrimoniale, la violenza posta in essere dall’attore può avere, infatti, conseguenze patrimoniali sia come esborsi per le cure sia come riflessi negativi sulla capacità della vittima di produrre reddito.
-    danno biologico, in seguito alla violenza subita, la vittima può sviluppare delle patologie che possono comportare una menomazione dell’integrità fisica e/o psichica
-    danno morale, consiste nel perturbamento dell’animo e nella sofferenza morale patita dalla vittima in seguito alla violenza. Il danno morale è ingiusto così come il danno biologico, e nessuna norma costituzionale consente al giudice di stabilire che l'integrità morale valga la metà di quella fisica" (Cass., 4.3.2008 n.5795)
-    danno esistenziale, “consiste in ogni lesione di diritti comunque fondamentali della persona, risolventesi in un danno esistenziale e alla vita di relazione” (Cass. civ. sez. I 7.6.2000 n.7713).

Nelle ipotesi di illecito endofamiliare, nell’illecito commesso cioè da un familiare a danno di altro soggetto appartenente alla stessa cerchia domestica, sono ravvisabili tutte le tipologie di danno sopraelencate.
Nell’illecito endofamiliare, si configura il danno non patrimoniale in caso di condotta aggressiva del coniuge, posta in essere in violazione di doveri matrimoniali, che determini l’aggressione ai diritti inviolabili della persona dell’altro coniuge (salute, fisica e psichica, sessualità, integrità morale, dignità, onore, reputazione, privacy).
In tali casi si tratta infatti di comportamenti che integrano “una grave e inescusabile violazione di norme di condotta imperative e inderogabili, con plurime aggressioni a beni e diritti fondamentali delle persone, quali l’incolumità, l’integrità fisica e la dignità dell’altro coniuge, che hanno superato la minima soglia di solidarietà e rispetto comunque doverosa, al partner”. (Trib. Venezia, sent. 766/2012).
La Corte d’Appello di Torino è giunta persino a definire “mobbing familiare”, tutte quelle condotte persecutorie e/o vessatorie che si risolvono in violenze, maltrattamenti, molestie, offese, ingiurie a danno dei componenti il nucleo familiare.

Nessuna pena, tanto meno un risarcimento potranno mai affievolire il dolore, la rabbia, la vergogna e l’umiliazione che può provare una donna che ha subito violenze, ma è giusto “fargliela pagare” per poter ripartire, iniziare una nuova vita, fatta di gioia, sorrisi, abbracci e, magari, amore, ma quello vero! Fargliela pagare con gli strumenti offerti dalla legge che negli ultimi anni si stanno moltiplicando, a riprova del fatto che chi è vittima di violenza non è solo!

Avv. Guglielmo Mossuto

giovedì 12 settembre 2013

AVVOCATO GUGLIELMO MOSSUTO TOSCANA FIRENZE DIVORZIO GIUDIZIALE - FAC SIMILE DIVORZIO CONTENZIOSO: ECCO COME SI FA!

Cari lettori,
ecco come viene strutturato un ricorso per divorzio giudiziale ( o divorzio contenzioso ) pronto per essere depositato davanti al Giudice.

TRIBUNALE di FIRENZE   
Ricorso per la cessazione degli effetti civili del matrimonio

Il Sig. ________, nato a ________, il ________, C.F.________,residente in ________, Via________, rappresentato e difeso dall’Avv. ________ (C.F. __________), del Foro di  Firenze, il quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni di cancelleria ex artt. 136 c.p.c. e 51, D.L. n. 112/2008 all’indirizzo di pec________@________ comunicato all’ordine, o al numero di fax ________,  ed elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in ________,Via _________, come da mandato posto a margine del  presente atto
Premesso che:
Il ricorrente il giorno _________, in _________, ha contratto matrimonio concordatario con la Sig.ra _________(doc. 1). 
Dall’unione è nato il figlio _________, in data_________, il _________(docc. 2 e 3).
L’unione matrimoniale con il passare del tempo si è logorata ed è venuto meno il vincolo diaffectioche lega i coniugi i quali si sono separati consensualmente alle condizioni di cui al verbale di separazione del _________, ritualmente omologato con decreto del Tribunale di _________reso in data _________(doc. 4) che si allega.
I coniugi sono sempre vissuti separati e non vi è alcuna possibilità, reciproca volontà di riconciliazione o di ripresa della convivenza e appare pertanto manifesta l'impossibilità di ricostituzione della comunione materiale e spirituale dei coniugi.
Sussistono i presupposti di cui all'art.3, n. 2),lett. b) della L. n. 898/1970 per la pronuncia di cessazione degli effetti civili del matrimonio come sopra contratto.
Espone
Il ricorrente lavora presso la società_________ed ha un reddito lordo annuo di Euro_________(doc. 5). La moglie, che all’epoca della separazione non lavorava, oggi è impiegata ed ha un reddito lordo annuo di Euro_________(doc. 5). Non sussistono pertanto i presupposti per la concessione dell’assegno divorzile poiché la Sig.ra _________gode di adeguati redditi propri che le consentono di essere economicamente indipendente, e non sussiste disparità di redditi tra i coniugi.
Per tutto quanto sopra esposto, il Sig. _________come sopra rappresentato e difeso
Chiede
che, previa fissazione dell’udienza delle parti innanzi al Sig. Presidente, esperito il tentativo di conciliazione, e previa emanazione dei provvedimenti temporanei ed urgenti, il Tribunale adito Voglia:
1) pronunciare ai sensi dell’art. 3, n. 2),lett. b), L. 898/1970 la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario contratto in _________tra il Sig. _________e la Sig.ra _________ in data _________e trascritto nel registro degli atti di matrimonio del Comune di _________.
2) disporre l’affidamento condiviso del figlio minore, con collocazione presso la madre, e diritto per il padre di tenere il figlio con sé:
- due giorni infrasettimanali e a fine settimana alternati;
- una settimana durante le vacanze natalizie;
- due giorni consecutivi durante le festività Pasquali;
- 15 giorni durante le vacanze estive nel periodo che i coniugi concorderanno.
3) assegnare la casa coniugale alla moglie nell’interesse del figlio minore;
4) disporre a carico del padre quale contributo al mantenimento del figlio minore_________il versamento mensile della somma di Euro_________, rivalutabile annualmente in base agli indici ISTAT, a titolo di mantenimento ordinario oltre al 50 % delle spese straordinarie (mediche, sportive, ricreative ecc.);
5) accertare la sussistenza di mezzi economici adeguati da parte della Sig.ra _________e dichiarare che nessun assegno divorzile è da corrispondersi in suo favore.
Con vittoria di spese ed onorari di giudizio e con ogni più ampia riserva, anche di carattere istruttorio.
Ai sensi dell’art. 13, T.U. n. 115/2002 e successive modifiche si dichiara che il presente procedimento è soggetto al contributo unificato fisso di Euro 85,00.
Si allegano i seguenti documenti: 
1) estratto dell’atto di matrimonio; 
2) certificato contestuale di _________;
 3) certificato contestuale di_________; 
4) copia autentica verbale di separazione omologato; 
5) dichiarazioni redditi marito;
6) dichiarazioni redditi moglie.
_________, lì _________.

Avv. Guglielmo Mossuto

lunedì 9 settembre 2013

Il danno esistenziale è, finalmente, realtà!

Con la formula danno esistenziale la giurisprudenza ha inteso individuare quel danno che deriva dalla rinuncia allo svolgimento di attività non remunerative per cause che non dipendono dalla stessa vittima. Si tratta infatti di situazioni gravi ma che tuttavia non presentavano le caratteristiche né del danno biologico, in quanto manca una lesione all’integrità psico-fisica, né al danno patrimoniale poiché non è possibile ravvisare un effettivo danno economico, né al danno morale, in quanto non vi è un comportamento illecito.

Dopo anni in cui i dubbi circa tale tipologia di danno erano diventati sempre più numerosi e consistenti (la Cassazione era giunta persino a stabilire che il danno esistenziale non esisteva come fattispecie autonoma ma solo come ipotesi rientrante nel danno non patrimoniale), la Suprema Corte, con la sentenza n. 19963 del 30.08.2013 ha sancito il diritto a un indennizzo a titolo di danno esistenziale per chi riporta un grave handicap, in seguito a un incidente, tanto che la sua vita relazionale risulta fortemente compromessa.

Si ha riguardo, infatti, a quegli sconvolgimenti che irrompono nella vita di un soggetto, soprattutto sul piano relazionale, che si riflettono in un’alterazione del suo carattere, delle sue scelte, della sua vita in quanto, ciò che assume portata decisiva è la centralità della persona e l’integralità del risarcimento.

Con la sentenza di cui sopra, la Corte ha riconosciuto invece la necessità di prevedere un autonomo indennizzo per il danno esistenziale
La Corte afferma infatti che “bisogna sempre garantire il diritto al risarcimento integrale del danno da perdita della vita di relazione che è una componente del danno biologico, ma che appartiene anche alla esplicazione della vita attiva e sociale, che viene a essere totalmente disintegrata”.

Il povero malcapitato si è visto cosi risarcire dall’assicurazione un indennizzo a titolo di risarcimento per i rapporti che non potrà condividere, per le attività che non potrà svolgere e per le esperienze che non potrà vivere.

Pertanto, non dobbiamo fermarci alla prima risposta fornitaci dalle assicurazioni; il diritto esistenziale è stato riconosciuto anche dalla Cassazione e ciò comporta il diritto a percepire un indennizzo al riguardo. Adesso ci sono tutti i mezzi per ottenere quanto spetta senza fermarsi prima di averlo ottenuto!

Avv. Guglielmo Mossuto