Con questo post del venerdì, su esplicita richiesta di un lettore, risponderò ad una frequentissima domanda che non solo lui, ma molti di voi (obbligati al mantenimento della ex - moglie) mi fanno:
" Ma se la mia ex c'ha un altro, devo pagare lo stesso?".
La risposta è (purtroppo) SI. Ovviamente valutando la situazione caso per caso.
A tal proposito infatti, una dura spallata è stata inferta quest'anno dalla Suprema Corte con la recentissima sentenza n. 3923 dello scorso 12 marzo 2012..
Di fatto, per gli obbligati al versamento di quest’assegno, i problemi sembrano non avere mai fine.
L’interpretazione
nomofilattica degli Ermellini è stata senza dubbio sfavorevole per coloro che
speravano di liberarsi di questa “tassa” una volta che la ex fosse andata a
convivere con un'altra persona.
Ebbene
così non è stato.
La
legge prevede che il coniuge più abbiente debba versare il mantenimento,
garantendo lo stesso tenore di vita che c’era in costanza di matrimonio, nei
confronti dell’ex marito/moglie, finché il beneficiario non passi a nuove nozze
o finché non conviva con altra persona more uxorio.
Nel
caso di specie, tuttavia, i Giudici di legittimità invece di favorire
l’obbligato, restringendo i principi di derogabilità dell’assegno, li hanno
ampliati.
La
persona avente diritto al mantenimento, casalinga, era andata a convivere con
altra persona. Il giudice di merito aveva ritenuto questo sufficiente a far
cessare l’obbligo dell’ex marito nei suoi confronti.
La Cassazione è stata però di diverso avviso, capovolgendo la decisione di merito.
La Cassazione è stata però di diverso avviso, capovolgendo la decisione di merito.
A
detta della Corte, per escludere il trattamento economico, è necessario che il
nuovo mènage abbia le caratteristiche di un modello di vita caratterizzato
dalla continuità e dalla consistenza degli apporti economici da parte del nuovo
convivente del richiedente il trattamento economico.
Infatti, osservano gli ermellini, uniformandosi a propri precedenti, “la convivenza del coniuge con altre persone avente carattere occasionale o temporaneo, non incide di per sé direttamente ed in astratto sull’assegno di mantenimento”.
Infatti, osservano gli ermellini, uniformandosi a propri precedenti, “la convivenza del coniuge con altre persone avente carattere occasionale o temporaneo, non incide di per sé direttamente ed in astratto sull’assegno di mantenimento”.
In
tal caso la corresponsione dell’assegno sarebbe dunque giustificata solo laddove
il primo instauri una convivenza con altra persona che assuma i caratteri di
stabilità e continuità, trasformandosi in una vera e propria famiglia di
fatto».
La nozione di famiglia di fatto, significativa a questo proposito, richiede che i conviventi elaborino un progetto e un modello di vita in comune analogo a quello che, di regola, caratterizza la famiglia fondata sul matrimonio, con un arricchimento e un potenziamento reciproco della personalità dei conviventi, la trasmissione di valori educativi ai figli e cose simili.
Nel caso di specie era stata troppo frettolosa la valutazione dei giudici di merito che, nell’escludere l’obbligo del mantenimento, non avevano vagliato la ricorrenza di tutti questi altri presupposti.
La nozione di famiglia di fatto, significativa a questo proposito, richiede che i conviventi elaborino un progetto e un modello di vita in comune analogo a quello che, di regola, caratterizza la famiglia fondata sul matrimonio, con un arricchimento e un potenziamento reciproco della personalità dei conviventi, la trasmissione di valori educativi ai figli e cose simili.
Nel caso di specie era stata troppo frettolosa la valutazione dei giudici di merito che, nell’escludere l’obbligo del mantenimento, non avevano vagliato la ricorrenza di tutti questi altri presupposti.
Orbene,
alla luce di ciò e di questo orientamento oramai consolidato della Suprema
Corte, appare forse necessario svolgere alcune considerazioni.
Con
il numero di separazioni, e di divorzi che costellano il panorama giudiziario italiano,
da ormai troppo tempo assistiamo a sperequazioni economiche perpetrate dai
coniugi separandi volte solo ed esclusivamente ad un arricchimento economico
senza freno alcuno e volta ad impoverire l’obbligato più del necessario .
Su
questo punto, con le recenti pronunce, di certo il percorso intrapreso dalla
Cassazione non è condivisibile, tutt’altro.
Servirebbe, a mio parere, un disincentivo a questa
“corsa al mantenimento”, che con ogni probabilità potrebbe avere come primo e
fondamentale passo l’individuazione di
criteri assai più restrittivi per l’erogazione dell’assegno di mantenimento,
che dovrebbe partire in primo luogo dai giudici.
In tal modo
(forse) si finirebbe di contrarre matrimoni che poi puntualmente finiscono in
separazioni scontate e caratterizzate dal solo e unico obbiettivo di lasciare
“in mutande” l’obbligato, per buona pace degli avvocati.
In tal modo infatti si finisce per distruggere non solo
economicamente un famiglia, ma si mettono sotto le scarpe anche tutti in
principi etici e morali che dovrebbero caratterizzare il vincolo matrimoniale.
Guglielmo Mossuto.