mercoledì 24 luglio 2013

CONDIZIONI DELLA DETENZIONE: L’ITALIA SI ALLINEA ALL’EUROPA.


A livello europeo è stato istituito, nel 1987,  il CPT, (comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti) che opera mediante una serie di visite svolte nei diversi paesi dell’Unione Europea per verificare le condizioni in cui vivono i detenuti o comunque tutti coloro che sono stati privati della propria libertà.

Ai sensi dell’articolo 1° della Convenzione europea per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti"il Comitato esamina, per mezzo di sopralluoghi, il trattamento delle persone private di libertà allo scopo di rafforzare, se necessario, la loro protezione dalla tortura e dalle pene o trattamenti inumani o degradanti."

 Al termine di ogni visita il CPT, che è formato da giuristi, medici e specialisti del settore, redige un’analisi di quanto rilevato che verrà sottoposta all’esame del governo dello Stato interessato. Attraverso tale rapporto il comitato, oltre a comunicare i risultati della propria attività, raccomanda le misure da prendere e richiede al governo una risposta concreta alle questioni sollevate.

Lo scopo del CPT, tuttavia, non è quello di “bastonare” lo Stato interessato ma piuttosto quello di tutelare i soggetti privati della propria libertà.
Ed è proprio da un’analisi del CPT e dai numerosi ricorsi presentati alla Corte di Strasburgo che nel gennaio scorso è arrivata la condanna dell’Italia “per trattamento inumano e degradante inflitto agli ospiti delle strutture carcerarie”.

La capienza stimata dei carceri italiani è di circa 45.000 unità, tuttavia sono oltre 65.000 i detenuti ospitati in queste strutture. La normativa sanitaria prescrive uno spazio vitale di almeno 9 mq per ogni detenuto, ma cosi non è, tanto che numerosi sono i ricorsi presentati da chi è costretto a vivere in spazi inferiori a 3 mq. Scene degradanti di presentano agli osservatori, con anche 8 persone che convivono in celle nate per ospitare al massimo 4 detenuti.

Una piaga, quella del sovraffollamento dei carceri, che il nostro governo dovrà risolvere velocemente; molti sono infatti i ricorsi pendenti alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e molti ancora potrebbero essere presentati dalle migliaia di detenuti costretti a vivere in maniera degradante.

Anche la Corte di Cassazione si è allineata alla posizione assunta dalla Corte di Strasburgo; con la sent. n. 2997 del 12.07.2013 è stato infatti riconosciuto a un detenuto un risarcimento danni pari a € 2.600 per le condizioni disumane nelle quali ha vissuto durante la sua detenzione.

Non si tratta certamente di una cifra sensazionale, tuttavia è una sentenza storica in quanto per la prima volta si è arrivati a una condanna dell’amministrazione penitenziaria in seguito a reclamo al magistrato di sorveglianza da parte di un detenuto.

La strada verso una soluzione definitiva a questa piaga che affligge il nostro Paese è ancora lunga, nonostante le diverse misure prese e programmate da parte dei diversi governi che si sono succeduti negli anni; tuttavia una nuova porta si è aperta per tutte quelle persone che, private della propria libertà, si trovano costrette a vivere in situazioni di estremo disagio.


 Avv. Guglielmo Mossuto

giovedì 18 luglio 2013

TUTTI I FIGLI SONO DI SERIE A. TUTTI I FIGLI SONO FRATELLI TRA LORO. . AVVOCATO MOSSUTO FIRENZE TOSCANA




«Da oggi esistono solo figli, senza aggettivi.». Con queste parole il Premier Letta ha commentato l’abolizione della distinzione tra figli naturali e legittimi.

Da venerdi 12 luglio nel nostro ordinamento non esistono più discriminazioni, non ci saranno più figli di serie A e di serie B. Nelle prossime edizioni dei codici italiani troveremo, infatti, semplicemente il termine “figli” che indicherà sia quelli nati durante che quelli nati fuori dal matrimonio. 

Viene così sancita la totale uguaglianza tra figli naturali e legittimi e questo ha importanti conseguenze, sia dal punto di vista ereditario sia per quanto riguarda le parentele.

In Italia i figli naturali sono circa 100.000, il 20% del totale, e da oggi si vedranno riconosciuto il totale vincolo di parentela con nonni, zii, cugini, nipoti, etc. e tutti i diritti che ne conseguono.

Non si parlerà più di potestà genitoriale ma di “responsabilità genitoriale”, che non si dissolverà con il compimento dei 18 anni, termine, fino ad oggi, di esaurimento degli obblighi genitoriali. 


Viene, inoltre, limitata a 5 anni di vita del figlio la possibilità  di proporre l’azione di disconoscimento della paternità.

Altra importante novità è quella riguardante l’ascolto del minore che dovrà essere sempre sentito, in qualunque procedimento lo riguardi; il figlio, anche se minore, da oggi, dovrà essere ascoltato! Sempre e comunque!

Sul piano successorio la novità più rilevante riguarda il cosiddetto “diritto di commutazione”; in precedenza, in caso di morte del genitore, poteva avvenire una vera e propria liquidazione dei figli naturali da parte dei “legittimi”.
Adesso, tutti i figli parteciperanno alla comunione ereditaria allo stesso modo, potendo, anche quelli nati fuori dal matrimonio, rivendicare un valore affettivo sui beni oggetto della successione, al pari degli altri.

C'è un'altra importante novità che si ripercuote sul piano dei rapporti umani e su quello patrimoniale: viene esteso anche agli ascendenti e cioè ai nonni il concorso nel mantenimento  e gli obblighi familiari rispetto al figlio naturale e quindi gli stessi nonni avranno il diritto-dovere di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni.

Viene così eliminata un’assurda discriminazione che nel passato aveva creato drammi umani e familiari; si tratta di un atto dovuto, nei confronti di molti, troppi, figli che negli anni si sono visti negare diritti senza che ne avessero alcuna colpa.

Guglielmo Mossuto


martedì 16 luglio 2013

ADDIO VECCHIO PARCHEGGIO IN DOPPIA FILA.


Si chiama Street Control ed è un occhio tecnologico, installato sulle auto della polizia municipale per contrastare criminalità e parcheggi a dir poco “selvaggi”.

Firenze è stata la prima città in Italia ad adottare questo strumento che, grazie alla presenza sia di una videocamera che di una fotocamera, è in grado di scattare due foto contemporaneamente per dimostrare l’infrazione e il numero di targa del veicolo.

Addio dunque a parcheggi in doppia fila, alle soste sui marciapiedi, alle invasioni di piste ciclabili e attraversamenti pedonali; con lo Street Control la sanzione sarà praticamente immediata in quanto i dati verranno inviati direttamente alla centrale operativa che si preoccuperà di recapitare la multa a casa del malcapitato automobilista.

Inoltre, la multa comminata pare difficilmente contestabile in quanto le immagini consentono la verifica dell’infrazione e l’identificazione del proprietario dell’auto.

Ma, ATTENZIONE!!!!!!       

Le multe dovranno essere recapitate a casa solo qualora il trasgressore non si trovi nell’auto. 


L’art. 201 del Codice della Strada infatti è chiaro al riguardo: le violazioni al divieto di sosta possono dar luogo alla contestazione non immediata nel caso di accertamento in assenza del trasgressore e del proprietario del veicolo".

Dunque se il guidatore è presente nell’auto il verbale deve essergli consegnato immediatamente. 


Questo strumento infatti dimostra l’infrazione ma non è in grado di svelare l’assenza o meno del trasgressore che può essere accertata solo dai vigili personalmente.

Anche il Ministero dei Trasporti si è espresso al riguardo:"Tali sistemi di videosorveglianza, mentre possono essere idonei a dimostrare l'avvenuta violazione, non risultano idonei a dimostrare l'assenza del trasgressore e del proprietario del veicolo, circostanza che può essere accertata solo dall'intervento diretto degli organi di Polizia e pertanto non risulterebbe giustificata la contestazione non immediata". 


Tuttavia, se l’infrazione non viene contestata correttamente, all’automobilista resta la possibilità di ricorrere per vie legali, presentandosi di fronte al Giudice di Pace per l’annullamento della multa, con alta probabilità di vincere la causa.


E’ necessario dunque bilanciare la situazione, trovare un punto di incontro tra l’esigenza di una sicurezza stradale ai massimi livelli e la necessità di evitare un abuso da parte delle amministrazioni pubbliche di quanto offerto loro dalle nuove tecnologie. 

Guglielmo Mossuto

venerdì 5 luglio 2013

QUANDO LA VACANZA NON E’ COSI’ RILASSANTE COME DOVREBBE…



Entrando in agenzia di viaggi, sogni ad occhi aperti sfogliando i vari cataloghi finchè non fai una scelta: “Si, prenoto! Ci vuole proprio almeno una settimana di meritato relax!”
Purtroppo però non sempre va a finire nel migliore dei modi.

Spesso, infatti, i turisti finiscono davanti a giudici ed avvocati per vedersi riconoscere un risarcimento per quanto accadutogli in vacanza, per quegli episodi non troppo gradevoli che hanno reso un incubo la vacanza tanto agognata.

Ed ecco allora che, ormai da qualche anno, è stato riconosciuto il diritto al risarcimento per il danno subito da una vacanza rovinata e cioè per quel “pregiudizio morale collegato alla delusione e allo stress causato dalla circostanza di non aver potuto godere appieno dei benefici della vacanza (…) come occasione di svago e di riposo conforme alle proprie aspettative”[1].

Quando si prenota la vacanza, acquistiamo un pacchetto turistico all’interno del quale rientrano varie attività che sono parte integrante del viaggio; pertanto il danno patito ha una duplice connotazione: è danno materiale, in quanto vi è l’acquisto di un insieme di servizi, ma è anche danno esistenziale, subito direttamente dal soggetto, che coinvolge il suo stato d’animo e la sua persona totalmente. In alcuni casi si può configurare addirittura un danno biologico quando, ad esempio, la vacanza è vista come una “via di fuga” da un periodo particolarmente stressante; in tal caso il viaggio anziché giovare alla salute del viaggiatore, ne aggraverà il malessere. Al riguardo, nel 2007, la Cassazione ha affermato che «la finalità turistica o lo scopo di piacere della vacanza(…)connota la causa concreta del contratto di viaggio in quanto è funzionale e strumentale alla realizzazione dell’interesse a usufruire di una vacanza di riposo e di svago»[2].

Il risarcimento, pur restando vincolato al valore economico dell’oggetto del contratto e cioè del pacchetto turistico, dovrà tuttavia avere riguardo anche al lato personale del malcapitato turista perché il nostro ordinamento tutela pure il diritto allo svago e al divertimento[3].

Dunque, se il pacchetto turistico acquistato non corrisponde alla realtà è possibile seguire due strade:
  1. chiedere la risoluzione del contratto, se la vacanza è stata totalmente rovinata, se cioè è venuta meno la possibilità di rilassarsi e rigenerarsi. Qualora l’inadempimento, riferendosi ad aspetti essenziali e non accessori del viaggio, sia rilevante, allora sarà riconosciuto il diritto al risarcimento del danno.
  2. chiedere la riduzione del prezzo
L’inadempimento sarà più o meno rilevante anche in base alla durata della vacanza e alla sua irripetibilità, parametri validi anche per la quantificazione del danno.

Le limitazioni previste negli ultimi anni tuttavia non negano un giusto ed equo risarcimento ma tutelano ancor più coloro che si sono trovati, loro malgrado, ad essere protagonisti di disavventure di questo tipo che hanno tutto il diritto di vedersi risarcire la vacanza rovinata e di poter trascorrere i viaggi successivi con rinnovata fiducia.

Avv. Guglielmo Mossuto.


[1] Corte di Cassazione n. 16315/07.
[2] Corte di Cassazione n. 16315/07.
[3] Sentenza del 24.04.2006 della sez. XI del Tribunale di Napoli.

giovedì 4 luglio 2013

DECRETO DEL FARE…CONOSCIAMOLO MEGLIO!


Lo scorso 21 giugno è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il Decreto Legge n.69/2013 volto ad attuare misure urgenti per il rilancio dell’economia.
Diverse problematiche sono state affrontate dal governo ma l’attenzione del cittadino non può che soffermarsi sulla revisione dei poteri di Equitalia e sulla previsione dell’impignorabilità della prima casa.

Revisione dei poteri di Equitalia 
Per quanto attiene al primo punto, viene previsto che qualora il debitore si trovi in una situazione di grave difficoltà economica può aumentare la rateizzazione del proprio debito fiscale fino a 10 anni, prevedendo fino a 120 rate mensili anziché 70, come era previsto dalla precedente normativa.
Tuttavia per poter beneficiare di tale dilazione il contribuente dovrà dimostrare di:
-          non poter assolutamente pagare il credito secondo la rateizzazione ordinaria
-          di poter comunque saldare il suo debito in caso di concessione della nuova rateazione.
Altra novità è costituita dalla diminuzione dell’aggio di Equitalia, del compenso cioè che le spetta per l’attività di riscossione, che già è stato ridotto dal 9% all’8% ma l’obiettivo è quello di raggiungere un equilibrio con i costi sostenuti.
Impignorabilità della casa
Ed eccoci all’impignorabilità della casa…Nel rispetto del principio dell’inviolabilità della casa, è stata infatti prevista l’impossibilità di espropriare o di iscrivere ipoteca sulla casa qualora l’immobile costituisca l’unico patrimonio del contribuente.
Il divieto riguarda non soltanto l’abitazione in sé ma anche le pertinenze, sempre che la casa sia registrata al catasto come immobile ad uso abitativo.
N.B.: Non conta che il contribuente viva nell’immobile ma la tipologia di iscrizione al catasto!
Dunque, riassumendo, la casa non potrà essere espropriata se:
-          l’immobile costituisce l’unico bene immobile del contribuente
-          il contribuente ha in tale immobile la propria residenza anagrafica
-          non rientra nei cd. immobili di lusso (immobili registrati al catasto nelle categorie A8 (ville) e A9 (castelli e palazzi di pregio)
-          il debito non deve superare €120.000,00
Inoltre l’espropriazione immobiliare potrà avvenire solo dopo che saranno decorsi almeno sei mesi dall’iscrizione dell’ipoteca senza che ci sia stata estinzione del debito.
ATTENZIONE! La prima casa non potrà essere pignorata da Equitalia  ma resta pignorabile da altri soggetti, l'obiettivo è infatti quello di evitare che le famiglie possano ritrovarsi senza abitazione per cifre anche inferiori a 10.000€
Tuttavia già prima dell’entrata in vigore di questa normativa era possibile “salvare” la propria abitazione da eventuali aggressioni di creditori attraverso il fondo patrimoniale.
Che cos’è? Il fondo patrimoniale è un insieme di beni costituito per soddisfare i bisogni della famiglia. Attraverso la creazione di questo vincolo, i beni inseriti nel fondo saranno salvi dall’aggressione dei debitori, ma solo qualora il debito sia stato contratto per far fronte a bisogni della famiglia.
La costituzione del fondo patrimoniale deve essere annotata a margine dell’atto di matrimonio dei coniugi ai quali ne sarà riconosciuta, in mancanza di diversa disposizione, la proprietà.
In caso di divorzio, il fondo patrimoniale cesserà di esistere ma solo se non ci sono figli minori, altrimenti durerà fino al compimento della maggiore età.


Avv. Guglielmo Mossuto