martedì 24 febbraio 2015

LA RESPONSABILITA' DEL PADRONE DEL CANE PER I RUMORI MOLESTI PROVOCATI DALL'ANIMALE




Il cane è da sempre considerato il miglior amico dell'uomo e molte famiglie italiane non rinunciano giustamente a tenere in casa il proprio fidato compagno a quattro zampe.
Al cane non si può certo impedire di abbaiare tuttavia, talvolta, tali latrati possono risultare particolarmente fastidiosi per gli altri condomini o per i vicini di casa in generale.
I regolamenti condominiali, d'altronde, non possono in alcun modo proibire ai proprietari degli immobili di tenere animali in casa.
Tuttavia ciò non deve andare a disturbare la pace e la tranquillità del vicinato...

Responsabilità civile e penale del padrone del cane

E' chiaro che un cane ha "diritto" di abbaiare e questo suo istinto non può essere sacrificato: la cosa essenziale è che l'abbaiare del cane non si trasformi in una costante fastidiosa per quanti abitino nelle vicinanze.
La Cassazione in una recente pronuncia (Corte di Cassazione, sez. III penale, sent. 7392, del 19 febbraio 2015) ha dettato una sorta di “vademecum” per quanti tengano con sè animali in casa, tracciando altresì una netta linea di confine tra la semplice responsabilità civile e quella penale a carico dei padroni degli animali, in caso di disturbi arrecati dagli stessi.
L'elemento discriminante tra l'illecito civile, con conseguente risarcimento del danno, e il reato penale di disturbo della quiete pubblica, con relativa sanzione penale, consiste nel numero di soggetti che vengano molestati dalle emissioni rumorose del cane.
Qualora le persone molestate siano poche e facilmente individuabili si avrà, a carico del padrone del cane, una semplice responsabilità civile. Per la quantificazione del danno non saranno seguiti dei sistemi tabellari, come ad esempio avviene per la liquidazione dei danni subiti da sinistri stradali, ma questa sarà determinata direttamente dal giudice secondo equità.
Allorquando i soggetti molestati rappresentino invece un insieme ampio e indeterminato di persone sarà configurabile il reato di disturbo della quiete pubblica. Tale reato, annoverato dal nostro ordinamento giuridico tra le contravvenzioni, è disciplinato dall'art. 659 del codice penale secondo il quale "chiunque mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a € 309,00". 
Nonostante il dettato della legge potete star certi che nessuno, fortunatamente, andrà mai in galera a causa dei guaiti del proprio cane.
La stessa disciplina si applica anche per tutti gli altri rumori molesti provenienti dagli appartamenti dei vicini: lo stereo e la televisione ad alto volume, il frastuono proveniente da trapani o altri oggetti particolarmente rumorosi.
Anche in tali ipotesi, qualora le persone infastidite da questi rumori siano poche e determinate, ci si troverà di fronte a un semplice illecito civile; al contrario quando tali rumori siano tali da ledere la pace dell'intero vicinato, si configureranno gli estremi del reato penale.
Vediamo un esempio concreto sui possibili disturbi arrecati dai latrati del cane.
Se il cane abbaia in una zona isolata di campagna, ove nelle vicinanze sia presente soltanto un'altra abitazione, i residenti di quest'ultima potranno azionare soltanto un'azione civile di risarcimento del danno, senza poter invocare la tutela penale.
Quando invece i rumori del cane (che magari vive in un contesto cittadino e particolarmente affollato) siano tali da poter raggiungere e disturbare potenzialmente un numero indeterminato di persone e quindi la quiete pubblica stessa, ci troveremo di fronte alla suddetta fattispecie di reato
Sarà quindi necessario valutare se l'abbaiare del cane sia tale da disturbare l'intero vicinato o piuttosto solo alcuni condomini particolarmente “sensibili”.
In ogni caso preme sottolineare ulteriormente che sarà fondamentale usare il buon senso: non si può andare in Tribunale per richiedere il risarcimento del danno ogni qualvolta il cane del vicino abbai. Quando invece i guaiti del cane diventino una costante in grado di pregiudicare la tranquillità della vita quotidiana, il vicino di casa, potrà agire per la tutela dei propri diritti, nelle più opportune sedi legali.
Tenuto conto dell'affetto incondizionato che solo gli animali sanno dare noi, nel dubbio, stiamo dalla parte dei cani!

Avv. Guglielmo Mossuto

martedì 17 febbraio 2015

SEPARAZIONE E DIVORZIO: QUALI SONO LE DIFFERENZE?


 
Quando l'unione coniugale entra in crisi e la convivenza diventa intollerabile è inevitabile giungere allo scioglimento del vincolo matrimoniale.
Con la sola separazione non cessano gli effetti civili del matrimonio. Infatti, dopo la sentenza di separazione si continua a parlare di coniugi, di marito e moglie, in quanto gli effetti del matrimonio sono soltanto sospesi fino all’eventuale riconciliazione o divorzio.
Solo in seguito alla sentenza di divorzio pertanto si potrà correttamente parlare di “ex” poiché viene meno lo status di coniuge.

La separazione

La separazione legale può essere consensuale o giudiziale.
Si parla di separazione consensuale nei casi in cui sia presente il consenso espresso di entrambi i coniugi che si accordano su tutte le possibili questioni connesse ad una separazione, sia per quanto riguarda gli aspetti economici che per quelli legati all'affidamento dei figli. 
L'accordo tra i due coniugi deve, tuttavia, essere sottoposto all'analisi del tribunale che ne valuta la corrispondenza alla legge e la presenza di disposizioni volte al totale rispetto dei diritti della prole.
Qualora il tribunale valuti favorevolmente l’accordo, emanerà decreto di omologazione della separazione; se invece la valutazione risulta sfavorevole, gli atti saranno trasmessi al giudice istruttore e la causa seguirà il corso ordinario della separazione giudiziale.
La separazione giudiziale sorge su istanza di parte, in seguito a violazione degli obblighi matrimoniali oppure a circostanze oggettive che rendono insostenibile la convivenza e la prosecuzione del rapporto.
In seguito alla separazione giudiziale vengono meno alcuni obblighi tipici del matrimonio in quanto i coniugi non avranno più l’obbligo di convivenza, di fedeltà nè di assistenza morale; tuttavia resistono gli obblighi legati al mantenimento e alla cura della prole.

Il divorzio

Con la sentenza di divorzio, invece, cessano definitivamente gli effetti del matrimonio, non sussistendo più in tal modo né l’obbligo di assistenza morale né quello di assistenza materiale, fatti salvi alcuni casi particolari in cui il giudice riconosce un assegno divorzile nei confronti di uno dei due coniugi.
Il ricorso per il divorzio può essere presentato soltanto dopo 3 anni dalla data in cui i coniugi si sono presentati, in sede di separazione, di fronte al Presidente del Tribunale per il tentativo di riconciliazione in udienza presidenziale.
Solo in seguito a divorzio, i coniugi saranno liberi di contrarre nuovamente matrimonio civile.

Principali differenze

Adesso vediamo schematicamente le differenze principali fra la disciplina del divorzio e quella della separazione.



SEPARAZIONE

DIVORZIO

MANTENIMENTO

Resta il dovere di assistenza materiale. Il coniuge che non ha adeguati redditi pertanto godrà di un assegno di mantenimento in quanto la legge mira a consentire alla parte economicamente più debole di conservare il tenore di vita di cui godeva prima della separazione.

Anche in caso di addebito della separazione, resterà comunque l’obbligo per il coniuge “più facoltoso” di versare, al coniuge che si trovi in stato di bisogno gli alimenti,

N.B. i coniugi nei loro accordi possono liberamente rinunciare all’assegno di mantenimento!

MANTENIMENTO

Il giudice può prevedere il versamento di un assegno periodico, assegno divorzile, in favore del coniuge che non ha i mezzi e le possibilità per assicurarsi il proprio sostentamento.

Tale assegno non deve necessariamente essere mensile, può essere infatti anche liquidato in un’unica soluzione.

Tale assegno non dovrà più essere versato in caso di nuove nozze del divorziato; ciò avverrà automaticamente, senza alcuna autorizzazione del Tribunale.

EREDITA’

Al coniuge separato spetteranno pieni diritti successori, come se non vi fosse stata la separazione. Nel caso in cui sia stato predisposto un testamento che leda la sua legittima, egli conserva comunque il diritto a percepire tale quota anche contro la volontà del coniuge defunto.

Tuttavia, in caso di separazione con addebito, il coniuge perderà ogni diritto di partecipare all'eredità. Al coniuge superstite potrà spettare al massimo un assegno vitalizio (il cui importo sarà determinato dal giudice) solo se egli già godeva degli alimenti e, dunque, se versava in uno stato di bisogno.

Il valore dell’assegno non potrà pertanto essere superiore a quello degli alimenti versati dal coniuge quando era ancora in vita.



EREDITA’

Con il divorzio si perde lo status di “coniuge” e con esso ogni diritto di partecipare all'eredità. L'ex-coniuge superstite potrà avere diritto a un assegno periodico solo se versa in uno stato di bisogno e se la sentenza di divorzio gli aveva riconosciuto il diritto a un assegno divorzile, a titolo di alimenti. Spetterà all'autorità giudiziaria determinare l'esatto importo del suddetto assegno. Il diritto a percepire tale somma verrà in ogni caso meno nel caso in cui l'ex-coniuge decida di contrarre nuovo matrimonio.



TFR: trattamento di fine rapporto

Il coniuge separato non ha alcun diritto sulla liquidazione dell’altro coniuge.

TFR: trattamento di fine rapporto

Il coniuge divorziato potrà riceverne una percentuale al momento della cessazione del rapporto di lavoro dell’altro coniuge solo nel caso in cui non si sia risposato e sia titolare di assegno divorzile. La somma sarà equivalente al 40% dell’indennità totale rapportata agli anni in cui coincidevano il rapporto di lavoro e il matrimonio.

PENSIONE DI REVERSIBILITA’ (pensione percepita da un familiare alla morte del lavoratore assicurato o del pensionato)

Tale pensione spetterà sempre al coniuge separato, anche in caso di addebito qualora godesse degli alimenti.

PENSIONE DI REVERSIBILITA’ (pensione percepita da un familiare alla morte del lavoratore assicurato o del pensionato)

Il coniuge divorziato avrà diritto a percepirla qualora non si sia risposato e l’altro coniuge fosse lavoratore assicurato prima della pronuncia del divorzio.

Qualora il lavoratore assicurato si fosse risposato, una quota della reversibilità spetterà comunque all’ex coniuge, oltre che al coniuge superstite.

Molte sono dunque le differenze tra questi due istituti presenti solo nell'ordinamento italiano.
In caso di separazione e divorzio è sempre consigliabile farsi assistere da un legale di fiducia, in quanto molti sono i diritti da far valere e i doveri da assolvere.



Avv. Guglielmo Mossuto


lunedì 9 febbraio 2015

LO STALKING: UN FENOMENO CRESCENTE DAL QUALE CI SI PUO' DIFENDERE


La disciplina generale

Il reato di stalking, annoverato all'art. 612 bis del codice penale, si configura quando un soggetto tenga in maniera ripetitiva comportamenti invadenti, di intromissione e/o di controllo nei confronti di un'altra persona.
Tali condotte possono essere di volta in volta realizzate tramite continue telefonate, messaggi, appostamenti, pedinamenti o altri comportamenti ossessivi, tali da far insorgere nella vittima un grave stato di timore per la propria incolumità o per quella dei propri cari, tanto da costringerla a modificare in modo sostanziale le proprie abitudini di vita quotidiana.
Per poter configurare la suddetta fattispecie di reato è necessario, quindi, che il reo ponga in essere la condotta criminosa in maniera continuativa e che questa sia idonea a provocare nella vittima tale perdurante stato di ansia e paura: non è sufficiente un singolo episodio di minaccia o di molestia.
Il reato, normalmente perseguibile a querela di parte, diviene perseguibile d'ufficio qualora venga commesso in danno di minori o di persone disabili.

La tutela giudiziaria

Nel caso in cui venga accertata la sussistenza del suddetto reato, il giudice può vietare allo stalker di avvicinarsi a determinati luoghi, che la vittima frequenta in modo abitudinario: nel fare ciò dovranno essere individuati in modo specifico i vari luoghi per i quali sussista tale divieto.
Poichè a volte l'individuazione puntuale dei “luoghi vietati” può apparire più difficile del previsto, è più opportuno imporre allo stalker il divieto di avvicinarsi alla persona offesa, obbligandolo a mantenere una certa distanza da quest'ultima.
Una volta condannato allo stalker sarà imposto, nei confronti della vittima, il divieto assoluto di:
  • pedinarla o guardarla insistentemente per strada;
  • avvicinarla sempre e comunque anche in situazioni del tutto causali;
  • contattarla con qualsiasi mezzo possibile fra cui, telefonate, sms, email o messaggi sui social network ( Facebook, Twitter, ecc. ecc.).
Spesso tali condotte criminose vengono poste in essere nei confronti di donne che decidono di porre fine ad una travagliata relazione sentimentale.
Ascoltando i telegiornali ci si rende conto che il fenomeno è molto diffuso e talvolta può portare a conseguenze ben più gravi, per cui è sempre bene denunciare subito il tutto alle autorità competenti.
Di una situazione interessante si è occupata recentemente la Corte di Cassazione nella sentenza n. 5316 del 4 febbraio 2015.
Nel caso in esame l'ex-marito è stato condannato alla pena di anni uno e mesi tre di reclusione per aver ossessionato l'ex-moglie con continui messaggi e telefonate, idonei di per sé a configurare la fattispecie delittuosa.
I Giudici Costituzionali hanno sottolineato che non è rilevante neanche il contenuto delle telefonate e dei messaggi (sia esso intimidatorio o pacifico): il fatto stesso di ripetere tali condotte in maniera ossessiva, rappresenta un elemento sufficiente a configurare il reato.

Avv. Guglielmo Mossuto