mercoledì 28 gennaio 2015

MALASANITA' : COME OTTENERE IL RISARCIMENTO DEL DANNO SUBITO


Vaccinazioni e trasfusioni

Oggi ci occupiamo di vaccinazioni ed emotrasfusioni; commettere un errore durante la somministrazione di tali delicate pratiche mediche può comportare gravi conseguenze per i pazienti vi si sottopongano.
In Italia le vaccinazioni, in particolar modo i programmi vaccinali universali per l'infanzia, hanno portato ad ottimi risultati permettendo altresì, a partire dagli anni '70, di sconfiggere e debellare gravi malattie come la difterite ed il tetano.
Tuttavia, a partire dagli anni '90 in avanti, numerosi sono stati i casi in cui errori medici commessi nel corso di emotrasfusioni e vaccinazioni hanno portato alla trasmissione di gravi malattie virali, quali ad esempio l'HIV o l'epatite.

Il risarcimento del danno subito

Con la Legge 210/92 il nostro legislatore riconosceva per la prima volta un indennizzo a carico dello Stato, in favore delle vittime di tali errori medici.
Tale legge prevede un risarcimento del danno per quei pazienti che abbiano subito danni irreversibili a seguito delle seguenti pratiche mediche:

  • vaccinazioni obbligatorie e non obbligatorie per legge;
  • vaccinazione antipoliomielitica assunta tra il 1959 ed il 1966 (quando non era ancora obbligatoria);
  • trasfusioni;
  • somministrazioni di emoderivati;
  • infezioni contratte per cause comunque imputabili al personale sanitario.

Come beneficiare di tale indennizzo?

La legge prevede che il suddetto indennizzo venga corrisposto tramite assegno bimestrale, reversibile per 15 anni.
I soggetti beneficiari di tale indennizzo possono essere:

  • il paziente stesso;
  • il coniuge o il convivente del paziente, qualora abbiano subito il contagio da parte del patner;
  • il figlio contagiato durante la gestazione;
  • gli eredi, qualora il “de cuius” contagiato muoia prima di percepire l'indennizzo.

In caso di morte del paziente a seguito del contagio, gli eredi, potranno richiedere il risarcimento tramite una “tantum” di circa € 75.000,00, oppure tramite assegni periodici.
La domanda per ottenere l'indennizzo andrà presentata al Ministero della Salute nel rispetto di termini tassativi: 3 anni nel caso di vaccinazioni e 10 anni nel caso di infezione da HIV.
Tali termini decorrono dal momento in cui l'avente diritto risulti aver avuto conoscenza del danno subito.

Per ottenere l'agognato risarcimento sarà necessario provare il nesso causale esistente tra la vaccinazione/trasfusione ed il danno permanente subito.

L'accertamento del suddetto nesso causa/effetto viene demandato alla competenza della Commissione Medico-Ospedaliera.


Avv. Guglielmo Mossuto




MENTIRE NELLA REDAZIONE DEL CURRICULUM VITAE E' REATO?


Scrivere falsità nel C.V
Quando si redige il proprio curriculum vitae, per trovare un nuovo lavoro, spesso si esagera un po' nella esaltazione delle proprie capacità professionali.
Nell'ambito di una recente indagine statistica, oltre il 60% degli italiani, ha ammesso di aver scritto informazioni false o non del tutto veritiere nel proprio C.V.
Le informazioni false possono essere di varia natura:
c'è chi sovradimensiona le proprie competenze (57%) asserendo grandi capacità linguistiche o informatiche in realtà inesistenti;
  • c'è chi esagera nel raccontare le proprie esperienze lavorative passate (50%), esaltando in modo pretestuoso il proprio bagaglio tecnico-culturale;
  • c'è addirittura chi inventa totalmente precedenti lavorativi mai esistiti (20%).
Tali comportamenti sono notevolmente aumentati con la diffusione dei curriculum vitae online, su piattaforme come Linkedin o sui vari social network.

Quali possono essere le conseguenze?

A volte risulta complicato inquadrare tali condotte in una determinata fattispecie delittuosa.
Sicuramente quando il falso C.V. viene presentato davanti alla Pubblica Amministrazione i rischi sono maggiori.
Ad esempio autocertificare informazioni false nel proprio C.V., al fine di partecipare a un concorso pubblico, configura il reato di “falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico” (art. 483 c.p.). Per tale reato il massimo della pena edittale prevista è pari a due anni di reclusione.
In altre ipotesi si può incorrere nel reato di “false dichiarazioni sulla identità o su qualità personali proprie” (art. 496 c.p.).
Nel caso in cui a falsificare il proprio curriculum vitae sia un professionista, ad esempio un avvocato o un commercialista, si può configurare un illecito deontologico e la conseguente sanzione disciplinare da parte del relativo consiglio dell'ordine.
Per tali ragioni falsificare un C.V. può avere conseguenze ben più gravi di quanto si potrebbe immaginare; senza considerare che, esaltare artificiosamente le proprie capacità e le proprie competenze, può portare a fare delle pessime figure nel momento in cui, una volta assunti sul nuovo posto di lavoro, i reali limiti personali vengano inevitabilmente a galla.
Per cui cari amici la cosa migliore è essere sinceri e giocarsi onestamente le proprie carte!

Avv. Guglielmo Mossuto




venerdì 23 gennaio 2015

LA CORTE DI STRASBURGO CONDANNA L'ITALIA: I NONNI HANNO DIRITTO DI VEDERE I NIPOTI


Due nonni torinesi, dopo anni di sofferenze, si sono rivolti alla Cedu (Corte Europea dei Diritti dell'Uomo) per denunciare la violazione del proprio diritto di poter frequentare la nipote. E finalmente giustizia è stata fatta...
Ma ripercorriamo le tappe di questa travagliata vicenda giuridica.

La NON giustizia dei Tribunali Italiani

I rapporti tra i nonni paterni e la nipote si erano bruscamente interrotti allorquando la loro nuora aveva chiesto la separazione dal marito, accusandolo di aver abusato sessualmente della bambina (circostanza poi dimostratasi totalmente infondata).
Da quel momento in avanti la madre ha sempre impedito ogni tipo di contatto tra la figlia, che all'epoca aveva soltanto 5 anni, e i nonni paterni.
Questi ultimi, per far valere il proprio diritto di vedere la nipote, si rivolsero al Tribunale dei minori di Torino che, tuttavia, si espresse in maniera negativa, ritenendo le visite dei nonni paterni pregiudizievoli per il benessere psicofisico della minore (dal momento che il padre era stato accusato di averne abusato sessualmente).
La Corte di Cassazione confermava in seguito la decisione presa dal Tribunale dei minori di Torino.

Il ricorso alla Corte Europea

I nonni però non si sono arresi e si sono rivolti alla Corte di Strasburgo denunciando apertamente la violazione dell'articolo 8 della CEDU.
Le loro istanze sono state accolte dai Giudici di Strasburgo i quali, con sentenza del 20 gennaio 2015, hanno condannato lo Stato italiano a pagare ai nonni un risarcimento di € 16.000,00 sia per l'eccessiva durata del processo davanti al tribunale di primo grado (oltre tre anni), sia perchè i servizi sociali, cui era stato affidato il compito di monitorare il rapporto nonni-nipote non avevano svolto correttamente i controlli del caso e non avevano fatto incontrare i nonni con la bambina.
La Cedu ha osservato che le Autorità italiane avevano il dovere di compiere ogni sforzo e di adottare le opportune cautele al fine di salvaguardare il legame familiare, evitandone il totale disfacimento come invece accaduto nel caso in esame.
Finalmente i due nonni torinesi potranno riabbracciare al più presto la nipote, ormai quasi maggiorenne, nella speranza che queste vicende non si ripetano più e che, in futuro, le autorità giudiziarie italiane facciano il possibile per garantire la tranquillità dei minori che si trovino al centro di queste complicate vicende familiari.


Avv. Guglielmo Mossuto

lunedì 12 gennaio 2015

AFFIDAMENTO ESCLUSIVO: DISCIPLINA E PRESUPPOSTI



La regola generale dell'affidamento condiviso

In Italia, in caso di separazione o divorzio, i figli vengono di regola affidati alla cura di entrambi i genitori, tramite l'istituto dell'affido condiviso, in ossequio con quanto statuito dalla legge n. 54/06.

Così facendo viene garantito al massimo il diritto dei figli a mantenere un rapporto costante ed equilibrato con entrambi i genitori, che da parte loro dovranno comunicare tempestivamente tra loro per poter decidere insieme, in merito alle questioni più rilevanti riguardanti l'educazione e la cura dei minori.

Per poter derogare alla regola generale dell'affidamento congiunto è necessario che si verifichino determinate circostanze, tali da renderlo pregiudizievole per l'interesse del minore.

L'affidamento esclusivo

L'affidamento esclusivo si può ottenere sia su iniziativa del Giudice, qualora questi ritenga che l'affidamento congiunto sia nocivo per il minore, sia su iniziativa personale di uno dei genitori.

In questo caso il genitore interessato a richiedere l'affido esclusivo dovrà dimostrare al Giudice che l'ex-coniuge non è idoneo a svolgere il proprio compito genitoriale e che il bambino subisce un grave pregiudizio dalla suddetta situazione. Sarà poi il giudice a dover valutare discrezionalmente la presunta incapacità genitoriale ed a decidere nel merito.

Presupposti che possono giustificare l'affidamento esclusivo

Nel nostro ordinamento non esiste un elenco tassativo delle circostanze in presenza delle quali sia giustificato l'affidamento esclusivo della prole.

Sarà sempre il giudice a dover valutare la capacità educativa del genitore affidatario, attraverso una valutazione globale della sua personalità e dell'ambiente nel quale vive.

Tuttavia la giurisprudenza ha individuato alcune circostanze tali da giustificare l'affidamento esclusivo:

  • la violenza o la minaccia sui figli;
  • la violenza sull'altro genitore messa in atto alla presenza dei figli;
  • le gravi carenze affettive del genitore nei confronti della prole;
  • il mancato pagamento dell'assegno di mantenimento in favore dei figli;

Non sono invece dei validi motivi per derogare la regola generale dell'affidamento condiviso:

  • la fisiologica conflittualità in atto tra i genitori al momento dello scioglimento del nucleo familiare, quando ciò non sfoghi in tensioni esagerate;
  • la tenera età del bambino;
  • la lontananza geografica fra i due genitori.

In caso di separazione o divorzio fra coniugi è possibile ipotizzare anche un ulteriore scenario relativamente ai rapporti con i figli: “l'affidamento alternato”.

Questa forma di affido prevede che il minore trascorra alternativamente dei periodi di tempo prestabiliti con la madre e col padre, senza che via sia una collocazione prevalente della prole presso uno dei due genitori.

La regola generale dell'affidamento condiviso rappresenta senza dubbio la soluzione ideale per garantire ai figli la massima serenità in un momento delicato come quello della separazione e per rispettare a pieno il principio della bigenitorialità.

Tuttavia in situazioni in cui ciò metta a serio rischio il benessere del minore il giudice può decidere di derogare tale regola generale in favore dell'affidamento esclusivo a uno solo dei genitori.
 
Avvocato Guglielmo Mossuto

lunedì 5 gennaio 2015

LICENZIAMENTI PER SCARSO RENDIMENTO: SONO LEGITTIMI?


 
I licenziamenti per scarso rendimento, non essendo stati esplicitamente disciplinati dal nostro legislatore, vengono di norma ricondotti alle ipotesi di licenziamenti disciplinari.

Tali situazioni possono essere giustificate dall'inadempimento del lavoratore che, a causa della propria negligenza o imperizia, risulta essere non produttivo (o non abbastanza).

Il datore di lavoro nel caso in cui voglia procedere al licenziamento dovrà contestare al lavoratore non il suo “scarso rendimento” in termini generici, ma bensì specificare le singole condotte nelle quali si concretizzi l'inadempimento.

Per tale ragione è necessario che l'eventuale licenziamento sia anticipato da una lettera di contestazione disciplinare in cui vengano dettagliatamente evidenziati gli errori compiuti dal lavoratore per imperizia e negligenza, nonché i ritardi colpevoli nell'esecuzione delle mansioni lavorative a lui affidate.

Nello scorso mese di Settembre una pronuncia della Corte di Cassazione ha riconosciuto la possibilità di ricondurre il licenziamento per scarso rendimento nella categoria del licenziamento per giusta causa, giustificato da ragioni economiche-organizzative.

In tal caso il datore di lavoro potrebbe licenziare i propri dipendenti basandosi esclusivamente sulla loro scarsa produttività, prescindendo dunque dalla necessità di analizzare le colpe varie ed eventuali di questi ultimi.

Così facendo risulterà sicuramente più facile, per aziende in crisi e con la necessità di provvedere a una riorganizzazione e ad un taglio del personale, effettuare licenziamenti per scarso rendimento di quei dipendenti che risultino essere scarsamente produttivi.

Ad ogni modo, il Giudice, sarà pur sempre libero di valutare discrezionalmente il licenziamento e di ritenerlo eventualmente illegittimo in assenza dei presupposti previsti dalla legge.

Il pubblico impiego

Nel pubblico impiego sono previste alcune disposizioni specifiche che tutelano maggiormente i dipendenti di tale settore: particolarmente rilevante è il d.lgs. n. 150/2009.

Tale provvedimento ha stabilito che il licenziamento disciplinare dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni è lecito alle seguenti condizioni:
  • che lo scarso rendimento e l'inadempimento del lavoratore siano riferibili ad un periodo di tempo non inferiore ai due anni;
  • che lo scarso rendimento del lavoratore sia stato rilevato nell'ambito delle procedure di valutazione del personale.
Il mondo del lavoro nei prossimi anni si presenterà sempre più dinamico ed il miraggio del posto fisso sarà presumibilmente riservato a pochi fortunati.

Lo stesso Job Act del Governo Renzi va in questa direzione, permettendo “licenziamenti più facili” ma promettendo, di riflesso, una maggiore possibilità di assunzione per chi risulti essere veramente meritevole.

Si va verso un mondo del lavoro che premierà maggiormente la meritocrazia anziché l'anzianità e ciò non è necessariamente una cosa negativa, anzi; da una parte si potrebbe arginare il fenomeno della disoccupazione giovanile, dall'altro è ragionevole supporre che un bravo imprenditore non licenzierebbe mai un suo fidato collaboratore che magari da decenni svolge bene la propria attività lavorativa.

Per tale ragione, caro amico che mi stai leggendo, se sei un lavoratore attento e preparato, anche con l'entrata in vigore della nuova riforma del lavoro, non avrai niente da temere...in caso contrario...sarà meglio se ti “dai una mossa”!

                                                               Avv. Guglielmo Mossuto