martedì 2 aprile 2013

#AVVOCATOMOSSUTORESPONSABILITAMEDICA : IL CONSIGLIO DEL MEDICO NON BASTA.


Cari lettori,
come ormai ben sapete, da qualche tempo mi sto occupando sempre più di un tema tanto attuale quanto scottante e complesso in relazione alla difficile branca della responsabilità medica.
Con il post di oggi voglio analizzare una interessante sentenza della Corte di Cassazione penale la quale ha sostanzialmente stabilito che in relazione all'operato del medico, quest'ultimo debba sempre" prodigarsi, anche se non ha le capacità di effettuare una particolare prestazione sanitaria richiesta, affinchè venga fatto tutto quello che è nelle sue capacità al fine di salvaguardare l'integrità della salute del paziente".
Ma vediamo la vicenda nel dettaglio.

IL CASO:
Un ragazzo di 19 anni era deceduto nel lontano 2004 a causa di un gravissimo schock settico ed una stasi ematica acuta.
Il giovane, a seguito di un grave ascesso in corso, si era rivolto ad un dentista, il quale, analizzata la situazione, si era limitato semplicemente a "consigliare" al ragazzo di recarsi presso una struttura sanitaria adeguata, senza tuttavia curarsi del se, tale struttura sanitaria di destinazione, avesse o meno un quadro informativo adeguato vista la gravissima situazione clinica. In aggiunta il dentista, pur potendo, non forniva alcuna documentazione medica sul ragazzo.

La DECISIONE:
La Suprema Corte, investita del caso, è giunta alla conclusione di estendere il concetto stesso di negligenza professionale.
In particolare gli Ermellini, ritenendo negligente il comportamento del dentista, hanno fatto rientrare il "mero consiglio" nel più ampio ambito della malasanità, errore medico e negligenza professionale aprendo così ad una nuova strada per la fondatezza della  richiesta di risarcimento del danno.
A detta della Corte infatti il medico, in virtù del "contratto sociale" che il professionista instaura con il paziente e che è alla base della professione medica stessa, assume una posizione di garanzia a tutela della salute del paziente. Pertanto, anche qualora il medico non avesse la possibilità o le conoscenze per effettuare le prestazioni sanitarie adeguate al caso, deve fare di tutto per salvaguardare l'integrità della salute del paziente.
Nel caso di specie il dentista pur avendo una qualifica professionale che gli avrebbe di certo permesso di effettuare una precisa diagnosi della patologia del giovane o quantomeno di redigere una adeguata certificazione medica per agevolare i successivi interventi, si limitò solo ed esclusivamente a "consigliare" i genitori del ragazzo, venendo meno al contratto sociale, ed incappando in negligenza professionale.     
Proprio in virtù di tali considerazioni, la Corte di Cassazione ha confermato la condanna non solo della clinica in sede penale (1 anno e 8 mesi), ma anche del dentista il quale, è stato condannato ad un cospicuo risarcimento del danno.

Appare dunque evidente quanto la materia sia in continua e costante evoluzione.
Diversi comportamenti di fatto possono portare a sempre più frequenti casi di presunta negligenza professionale, presunta malasanità o presunta responsabilità medica.
A tal proposito mi sia concessa una riflessione:
se per un verso è vero che un risarcimento danni per quanto cospicuo, non possa contribuire a migliorare la qualità della vita persa dopo aver perso un proprio caro per un errore sanitario, dall'altro sapremo di aver fatto la cosa giusta evitando che qualcun altro possa subire lo stesso toro.

Guglielmo Mossuto.

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