venerdì 28 novembre 2014

LA NUOVA LEGGE SUGLI IMMOBILI: LA LOCAL TAX



Negli ultimi anni la tassa sulla casa ha rappresentato uno dei punti più dibattuti in politica.

Inizialmente introdotta nel 2012 con il nome di IMU, la tassa più “odiata dagli italiani” è stata riproposta con alcune modifiche sotto il nome di TASI. Da un'analisi statistica è stato rilevato che la TASI, in 7 città su 10, è risultata essere più cara della vecchia IMU.

Adesso si prospetta un nuovo cambiamento...

Che impostazione avrà la nuova tassa sugli immobili?

La nuova bozza di legge che è già nelle mani del Ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, dovrebbe essere introdotta quale emendamento nella prossima legge di stabilità.

La nuova imposta che prenderà il nome di “Local Tax” è considerata necessaria dal Parlamento in quanto, data la situazione economica del Paese, risulterebbe impossibile esentare tutti gli immobili.

Il nuovo tributo dovrebbe, quantomeno, superare le contraddizioni della TASI; quest'ultima, infatti, è risultata maggiormente penalizzante per gli immobili di valore medio-basso, dal momento che ha cancellato alcune detrazioni presenti invece con l'IMU.

La Local Tax dovrebbe riportare maggiore progressività nel carico fiscale imposto e dovrebbe avvicinarsi alla vecchia IMU, per ciò che riguarda aliquote ed esenzioni varie.

La nuova imposta prevederà, probabilmente, un'aliquota standard al 2,5 per mille, con un sconto fisso da € 100,00. In tal modo dovrebbero essere esentate dal pagamento del nuovo tributo, tutte le abitazioni con rendita catastale inferiore ai € 265,00: in pratica circa 2 milioni e mezzo di immobili!

Sarà inoltre eliminato l'obbligo di pagare l'imposta, in quota parte, per gli inquilini (novità introdotta dalla TASI fra mille dubbi e polemiche).

Se per gli immobili di medio-basso valore la speranza è quella di essere agevolati dalla nuova “Local Tax”, la stessa cosa non si può certo dire per quelli più pregiati: il rischio è che la nuova aliquota massima, prevista al 12 per mille, si traduca in un'altra tornata di rincari record.
Avvocato Guglielmo Mossuto

mercoledì 12 novembre 2014

LIMITI AL PIGNORAMENTO DI STIPENDI, CREDITI E PENSIONI





Una sentenza o un decreto del giudice che vi dia ragione e vi riconosca come creditori, può non essere sufficiente per riuscire a riscuotere concretamente quanto vi spetta...

Occorre rivolgersi ad un legale esperto del settore ed in grado di muoversi nel migliore dei modi al fine di individuare il credito più adatto ad essere pignorato.

Una volta accertata l'esistenza di crediti spettanti al debitore nei confronti di terzi, è possibile effettuare il pignoramento, a patto che i suddetti crediti non rientrino tra quelli impignorabili.

Andiamo per gradi.

Come noto salari, stipendi, pensioni e altre indennità relative al rapporto di lavoro, di norma, possono essere soggetti al pignoramento di 1/5 della loro entità, da parte del creditore.

Qualora si proceda per il recupero di un credito alimentare è possibile effettuare il pignoramento dei suddetti beni anche in misura superiore ad 1/5 e più precisamente in quella che venga, nel caso concreto, stabilita dal giudice dell'esecuzione.

Determinati crediti sono qualificati per legge come impignorabili o pignorabili solo entro alcuni rigorosi limiti. Ad esempio, le pensioni di invalidità, sono da considerare parzialmente impignorabili, in quanto possono essere soggette a trattenuta da parte del creditore solo per l'importo superiore ai
€ 525,89 (Corte di Cassazione, sentenza n. 6548, del 22.03.2011).

Crediti impignorabili

I crediti alimentari sono impignorabili, a meno che non sia il Presidente del Tribunale o un giudice da lui stesso delegato, a derogare esplicitamente a tale regola generale.

Alle stesso modo risultano impignorabili:

- i crediti aventi per oggetto sussidi di grazia o sostentamento erogati in favore di persone iscritte nelle cosiddette “liste dei poveri”;

- i contributi di maternità;

- i crediti dovuti per malattia;

- i crediti legati alla polizza assicurativa sulla vita;

- i fondi di previdenza e assistenza costituiti dall'imprenditore in favore dei propri dipendenti (come stabilito dall'art. 2117 c.c.) ;

- i fondi stanziati da un ente pubblico per corrispondere il TFR ai propri dipendenti;

- le quote del socio di una società di persone o di una cooperativa, finchè le stesse rimangono in vita.


Il decreto Salva Italia

E' importante evidenziare che il decreto “Salva Italia”, emanato nel 2012 dal governo Monti, al fine di combattere l'evasione fiscale e di tracciare tutti i movimenti di denaro, ha di fatto imposto l'obbligo per milioni di contribuenti di aprire un conto corrente sul quale dovranno essere versati gli stipendi e le pensioni, per gli importi superiori ai € 1.000,00.

Una volta effettuato il bonifico, relativo allo stipendio e/o alla pensione, tali somme andranno a “confondersi” con le somme ivi giacenti e a quel punto sarà possibile effettuare il pignoramento, da parte di un eventuale creditore, senza alcun rispetto delle limitazioni imposte per legge (il suddetto limite di 1/5 che vale come regola generale per il pignoramento di salari e pensioni).

L'ingiustizia di tale normativa è palese in quanto priva i debitori, pensionati e lavoratori dipendenti in primis, di qualsiasi garanzia a tutela delle proprie principali fonti di sostentamento, rischiando in tal modo di causare gravi difficoltà economiche per interi nuclei familiari.
 
Avv. Guglielmo Mossuto

mercoledì 5 novembre 2014

AUTOVELOX: QUANDO IMPUGNARE LE MULTE?




Non sempre le contravvenzioni erogate tramite l'autovelox sono legittime.

E' sempre possibile impugnare le sanzioni stradali tramite ricorso al Giudice di Pace territorialmente competente. Impugnare una multa davanti al Giudice di Pace ha dei costi, seppur limitati, per cui è utile capire in quali casi convenga impugnare tali contravvenzioni.

In quali casi conviene impugnare la multa comminata dall'autovelox?

Spesso i ricorsi avverso le sanzioni amministrative hanno un esito positivo per il ricorrente, che vede in tal modo annullare la multa a suo carico.

Preme evidenziare sin da subito che i dispositivi autovelox per essere a norma di legge devono rispettare alcuni precisi parametri:

- devono essere visibili e ben segnalati;

sono illegittimi gli autovelox “nascosti” dietro alberi, cespugli o auto private in sosta. La presenza dell'autovelox, inoltre, deve essere segnalata in modo chiaro ed inequivocabile con netto anticipo e non soltanto in prossimità del dispositivo o pochi metri prima di questo. La prima segnalazione dell'autovelox deve avvenire almeno 400 metri prima dell'apparecchio.

- non su strade urbane ordinarie;

secondo il codice della strada gli autovelox possono essere istallati soltanto su strade extraurbane, mentre per essere validamente posizionati su strade urbane di scorrimento è necessaria l'esplicita autorizzazione da parte del prefetto. Restando a Firenze, gli autovelox presenti sui “viali”(ad esempio quelli in Viale Etruria, Viale Spartaco Lavagnini, Viale Gramsci) secondo la giurisprudenza prevalente in materia, non sono a norma in quanto i “viali”, per caratteristiche, non corrispondono alle strade extraurbane.

- non possono essere posizionati su strade dove sono avvenuti pochi incidenti;

come confermato recentemente dal Consiglio di Stato ( Cons. Stato sent. n. 4321/14) il dispositivo non può esser posizionato su strade con una tasso di incidenti troppo basso poiché, in tal caso, è evidente che il suo scopo principale non è quello di evitare situazioni pericolose per la circolazione stradale (come invece richiesto per legge).

- non possono essere gestiti da società private;

gli autovelox possono essere gestiti soltanto da enti e amministrazioni pubblici. Soggetti privati possono essere coinvolti solo nella gestione di particolari aspetti tecnici.

- verbale di accertamento non contestato immediatamente;

la multa deve essere contestata immediatamente al conducente, a meno che ciò non sia possibile, a causa delle caratteristiche delle strada che rendono inattuabile fermare il veicolo.

- polizia municipale non competente per le multa in superstrada;

la polizia municipale non è competente per le sanzioni degli autovelox posizionati in superstrada (ad esempio sulla Fi-Pi-Li), infatti, le superstrade e le autostrade rientrano nella competenza della Polizia di Stato.

Va inoltre segnalato un nuovo orientamento giurisprudenziale secondo il quale, le sanzioni stradali relative ad eccessi di velocità, che presentino uno scarto minimo tra la velocità effettiva ed il limite da osservare, possono essere annullate per “tenuità del fatto” (si veda tra le altre GdP Gallarate sent. n. 267/14).

In tutti i casi sopra elencati è possibile impugnare il verbale di polizia che eroga la sanzione amministrativa, con ottime probabilità di vittorie.

E' sempre consigliabile rivolgersi ad un avvocato esperto in materia per avere un valido supporto legale utile per impugnare i profili d'invalidità del verbale di polizia.
 
Avv. Guglielmo Mossuto

lunedì 7 luglio 2014

VIZI DELL'IMMOBILE E RESPONSABILITà DEL COSTRUTTORE!


In continua crescita è il numero di cause instaurate da parte di proprietari di immobili nei confronti di geometri e/o costruttori, aventi ad oggetto recriminazioni circa difetti più o meno gravi, siano essi strutturali o accessori.

In materia si è di recente pronunciata la Cassazione, che, lo scorso 18 giugno, ha emanato una sentenza con la quale ha cercato di risolvere i residui dubbi sul termine entro il quale far valere i difetti di costruzione nel caso di lavori edili privati.

Per meglio comprendere occorre distinguere:
- vizi strutturali: rientrano in tale categoria, secondo quanto affermato dalla Cassazione “qualsiasi alterazione conseguente a un’insoddisfacente realizzazione dell’opera anche se non riguarda parti essenziali della stessa e non rischia di causarne la rovina”. Si tratta, pertanto, di vizi che riducono in modo apprezzabile il godimento del bene nella sua globalità, pregiudicandone la normale utilizzazione, anche se i gravi difetti non generano di per sé pericolo di rovina.
La responsabilità del professionista può esser fatta valere in giudizio entro il termine di 10 anni dal compimento dell’opera. Tuttavia, in questo arco di tempo, il proprietario dell’immobile è soggetto ad un ulteriore termine di decadenza: egli dovrà infatti denunciare il vizio entro e non oltre un anno dalla scoperta di questo.  
Qualora poi il vizio venga scoperto pochi mesi prima della scadenza dei 10 anni di garanzia, la denuncia dovrà essere comunque presentata entro e non oltre la scadenza del termine decennale, anche nel caso in cui i 12 mesi scadano più tardi.
Per procedere al calcolo dell’anno di decadenza per denunciare i vizi ciò che rileva è il giorno iniziale ovvero il momento in cui il committente acquista la piena consapevolezza dell’esistenza dei vizi, della loro gravità e della responsabilità dell’appaltatore, del progettista o del direttore lavori. Nel caso in cui il committente non sia professionalmente dotato di conoscenze tali da percepire immediatamente la gravità dei vizi, costante giurisprudenza fa decorrere il termine di un anno dal deposito dell’accertamentro tecnico preventivo, perizia antecedente la lite con la quale il privato diviene cosciente dell’entità dei vizi.

- vizi non strutturali: diversa è la procedura di contestazione dei vizi più lievi, attinenti per lo più alle rifiniture dell’immobile. La denuncia all’appaltatore deve avvenire entro 60 giorni dalla scoperta e si prescrive entro 2 anni dalla consegna dell’immobile.

Avv. Guglielmo Mossuto


martedì 1 luglio 2014

COME NON PAGARE IL CANONE RAI CON LA PROCEDURA DI SUGGELLAMENTO








COME NON PAGARE IL CANONE RAI CON LA PROCEDURA DI SUGGELLAMENTO

Il canone della Rai secondo una recente statistica è la tassa più odiata dagli Italiani, infatti facendo un sondaggio su un campione molto numeroso di cittadini, la stragrande maggioranza considera il canone Rai una "gabella " onerosa, ingiustificata e sproporzionata rispetto alla qualità dei programmi trasmessi.

Inoltre il canone Rai colpisce sia le famiglie di pensionati con un solo televisore sia le persone ricche che hanno una televisione in ogni stanza, rendendo questa tassa  "sproporzionatamente" ingiusta.

Pertanto, chi riesce in qualche modo a non pagare questa tassa, non si fa nessuno scrupolo e ne inventa di tutte pur di arrivare a quello scopo.

C'e' da dire che la Legge ha disposto l'esenzione dal canone Rai per i soggetti con età pari od oltre i 75 anni e che hanno un reddito non superiore ad euro 516,46 euro per 13 mensilità per un importo complessivo di euro 6.713,98 complessivi annui.

Ogni persona ha la possibilità di richiedere l'esenzione del pagamento del canone Rai mandando una raccomandata a. r. richiedendo il suggellamento del televisore e la disdetta del canone.

Questa procedura dovrebbe comportare l'arrivo di un tecnico a casa del richiedente in modo che effettui una  "modifica " all'interno della Tv in modo da non captare più i segnali Rai.

C'è anche da dire che la possibilità che un tecnico intervenga direttamente a casa è pressochè bassa per non dire quasi inesistente...

In questo modo quindi , con il suggellamento, è possibile disdire il canone Rai senza disfarsi completamente dell'apparecchio.

Quindi, dopo l' invio della richiesta di suggellamento e della contestuale disdetta del canone, nessuna richiesta di pagamento può essere inviata all'utente.

Potrebbe anche avvenire il caso che la Rai continui a mandarvi richieste di pagamento ma voi o ignoratele o rispondete in maniera ferma e decisa che avete fatto la procedura di suggellamento e contestuale disdetta.

L'invio della raccomandata di richiesta di suggellamento è una prova valida per contestare qualsiasi eventuale esecuzione forzata da parte della stessa Rai.

Per completezza è bene tener presente che nessun incaricato Rai può accedere in casa vostra se non munito di un mandato dell'Autorità Giudiziaria.

Qui di seguito potete ottenere il modello per la richiesta di disdetta del canone Rai



Agenzia delle Entrate – Ufficio Torino 1 – SAT Sportello abbonamenti TV – Cas. Post. 22, 10121 Torino
Oggetto: denuncia di cessazione dell’abbonamento mediante la procedura di suggellamento e contestuale disdetta del canone Rai


Il sottoscritto___________________________,residente in 

via______________________, (cap) _____________, (Città/Prov.) ___________, 

chiede il suggellamento del televisore  e contestuale cessazione del Canone Rai 

detenuto presso la propria abitazione.

Si fa presente che nessun altro apparecchio atto o adattabile alla ricezione delle 

radioaudizioni è posseduto dal sottoscritto o da altri appartenenti al medesimo nucleo 

familiare in altre abitazioni. 

A tale scopo, ha corrisposto l’importo di euro 5,16 a mezzo di vaglia postale n° 

_________, in data ___________, sul quale ha indicato il numero di ruolo 

dell’abbonamento. 

Dichiara altresì di non essere più in possesso del libretto di abbonamento e chiede, a 

norma degli art. 2 e 8 della L. 241/1990 quale procedimento amministrativo intende 

seguire l’U.R.A.R. TV ai fini del completamento di quanto disposto dall’art. 10 del 

R.D. n. 246 del 21.02.1938.

Data __________________________
Firma _________________________






Avv. Guglielmo Mossuto