martedì 26 novembre 2013

Sottrazione della corrispondenza! Solo se è l'unica strada percorribile!


La sottrazione di corrispondenza bancaria del coniuge, per produrla nel giudizio di separazione, costituisce reato di sottrazione di corrispondenza, pochissime sono le giustificazioni previste.
A sancire tale principio è stata la Corte di Cassazione in un caso di separazione; il marito aveva prodotto nel giudizio di separazione una fotocopia della corrispondenza bancaria cosi da provare le condizioni patrimoniali dell’altro coniuge, prova fondamentale al fine della determinazione dell’assegno di mantenimento.
Secondo la Corte tutti gli elementi evidenziati dalla difesa al fine di dimostrare l’insussistenza del reato, sono ininfluenti in quanto “non rileva il tipo di corrispondenza, né la natura, di fotocopia ovvero originale, atteso che anche con la sottrazione di una copia del documento, pur nell'ipotesi che tale atto sia contenuto in una busta aperta, resta violato il bene giuridico tutelato dalla disposizione di cui all'art. 616 CP”.
Per quanto attiene alla “giusta causa” che talvolta può essere assunta a giustificazione, la Cassazione afferma che spetta al giudice verificarne l’esistenza mediante un’indagine etico-sociale, individuando i motivi che hanno determinato il comportamento in esame.  
Tuttavia, è bene ricordare che ancora oggi non è chiaro se documenti ottenuti in modo illecito, tramite la lesione di un diritto fondamentale, possano essere prodotti in giudizio o meno. Inoltre, “la giusta causa presuppone che la produzione in giudizio della documentazione bancaria sia l'unico mezzo a disposizione per contestare le richieste del coniuge controparte”
Pertanto, è necessario che solo ed esclusivamente attraverso la rivelazione del contenuto della corrispondenza il soggetto possa tutelare il proprio interesse offeso; solo in tal caso si potrà parlare di “giusta causa scriminante”.
Attenzione quindi non solo a quello che viene detto davanti al giudice ma anche a ciò che viene prodotto, per evitare di passare dalla ragione al torto!


Avv. Guglielmo Mossuto

lunedì 25 novembre 2013

25.11.2013 un giorno per pensare e per cambiare gli altri 364!

Foto: 25 Novembre: Giornata Mondiale contro la Violenza sulle donne.
#fermailbastardo

“Più del 70% delle donne ha subito abuso almeno una volta”

Un'affermazione tanto sconcertante quanto veritiera quella del segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon. 
Immaginate di essere con 10 vostre amiche...bene! Anzi, male! 7 su 10 hanno subito almeno una volta un atto di violenza.Cose dell'altro mondo, cose di altri tempi, cose che l'umanità credeva di aver superato e che invece tornano di attualità, sempre di più, in un continuo crescendo di frequenza, di violenza, di ignoranza...di uccisione!
E allora, fermiamoci e riflettiamo! Perchè purtroppo non è un luogo comune! L'uomo uccide la sua compagna! L'uomo picchia la madre dei suoi figli! L'uomo violenta la donna! E' un dato di fatto, sono i numeri a dirlo! 

La scelta del 25 novembre non è casuale ma è in onore delle tre sorelle Mirabel, torturate e uccise nel 1960 dagli agenti del dittatore Rafael Trujillo nella Repubblica Dominicana.

Fermiamoci a riflettere! Oggi più che mai! Perchè questa situazione può cambiare ma soltanto se cambiamo noi!

lunedì 18 novembre 2013

AFFIDAMENTO A COPPIA OMOSESSUALI, DA ORA E' POSSIBILE!


A prescindere dai pensieri religiosi, più o meno condivisibili, l’affidamento di un minore ad una coppia omosessuale è ora possibile!

La legge che disciplina l’affidamento dei minori, infatti, non esclude persone dello stesso sesso ma richiede solo «una situazione di fatto paragonabile al contesto familiare sotto il profilo accuditivo e di tutela del minore; persino un nucleo consentito da due consanguinei del medesimo sesso».
 Inoltre «il fatto che i componenti del nucleo abbiano il medesimo sesso» non può «considerarsi ostativo all’affidamento di un minore».
Lo stesso padre della piccola di tre anni affidata ad una coppia di gay si è mostrato favorevole alla misura adottata dal Tribunale dei Minori di Bologna.
I due uomini, di circa 40 anni, da anni conoscono la piccola e la madre; venuti a conoscenza dei problemi che affliggevano la donna, da subito si erano proposti ai Servizi Sociali come possibili affidatari.
Il procedimento instauratosi è stato lungo e difficoltoso, caratterizzato da una lunga istruttoria ma adesso sono mesi, dieci per la precisione, che la bambina vive con la coppia.
Il giudice ha affermato «l’assenza di una precisa definizione legislativa volta a escludere un nucleo composto da persone dello stesso sesso dal concetto di "famiglia" rilevante ai fini dell’affido», nonché l’assenza di un «qualsivoglia richiamo al matrimonio», diversamente da quanto avviene per l’adozione che resta tutt’oggi riservata alle coppie sposate.
 Lo stesso ha altresì ricordato che la convinzione che vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale sia dannoso per lo sviluppo del bambino costituisce un mero pregiudizio;  secondo in giudici, infatti, l’assenza di figure femminili non crea pericoli per la crescita della bambina, essendo altresì l’affidamento un istituto “a termine”.
Scelta condivisibile o meno, quella del Tribunale dei Minori di Bologna è certamente una scelta adottata nell'interesse superiore della piccola, interesse che sempre deve vincere, in qualunque causa i bambini si ritrovino ad essere, loro malgrado, parte interessata!

Avv. Guglielmo Mossuto


mercoledì 13 novembre 2013

AFFIDAMENTO CONDIVISO: GUAI A TRASFERIRSI SENZA IL CONSENSO DELL'EX!


In quanti dopo una separazione, magari anche dolorosa, dal proprio coniuge non hanno pensato di cambiare aria per rifarsi una vita? Nessun problema nel caso in cui non ci siano figli di mezzo, la situazione cambia in presenza di minori…

La Cassazione, lo scorso ottobre, ha esaminato il caso di una donna separata che aveva deciso di trasferirsi, con la figlia di otto mesi, dal paesino della provincia di Trento in cui vivevano e in cui era stata stabilita dal Tribunale la collocazione della bambina nell’ex casa coniugale, in Sicilia dove la donna si trasferiva alla ricerca di un nuovo lavoro. Tutto ciò avveniva all’insaputa del padre della piccola, il quale aveva il diritto di farle visita più giorni durante la settimana. Certo, le necessità della vita possono giustificare un trasferimento di uno dei due coniugi, ancor più oggi, data la precaria situazione economica e lavorativa; tuttavia, l’altro coniuge deve essere sempre interpellato in caso di presenza di figli e il suo consenso diventa indispensabile!

La legge 54/2006 che ha introdotto l’affidamento condiviso come regola generale, parla di “parità genitoriale” e pertanto i genitori dovranno concordare tutte le decisioni riguardanti i figli, come appunto il trasferimento in una città diversa da quella di origine.
Secondo quanto affermato dalla Suprema Corte, infatti, il comportamento della madre che decide unilateralmente di trasferirsi, senza il consenso del padre, viola il dettato della sentenza di separazione; per la Suprema Corte, infatti, "l'elusione dell'esecuzione di un provvedimento del giudice civile che riguardi l'affidamento di minori può concretarsi in un qualunque comportamento da cui derivi la ‘frustrazione' delle legittime pretese altrui, ivi compresi gli atteggiamenti di mero carattere omissivo".

Pertanto, per trasferirsi, insieme ai propri figli, un genitore necessita assolutamente del consenso dell’altro genitore o di un’autorizzazione del giudice. Sono estremamente forti, infatti, le sanzioni alla quali va incontro chi trasgredisce a tale regola: può essere mutato il collocamento dei figli (dalla madre al padre, o viceversa) ma si può arrivare persino alla decadenza della potestà in quanto si tratta di una condotta che può essere definita irresponsabile e, pertanto, incompatibile con il ruolo di genitore col locatario.
(Corte di Cassazione, sentenza del 23 Ottobre 2013 n. 43292)


Avv. Guglielmo Mossuto

PENSIONI e STRANIERI.........1100 EURO AL MESE........E AGLI ITALIANI CHI CI PENSA?


Quando uno straniero vive stabilmente in Italia, anche se non continuativamente, qualora ricorrano i requisiti previsti dalla legge, avrà diritto a percepire la pensione sociale.

La Corte di Cassazione ha, infatti, accolto il ricorso di uno straniero al quale era stata negata la pensione sociale in base alla discontinuità della sua presenza nel territorio nazionale.

L’assegno sociale, tuttavia, ha natura assistenziale e, pertanto, è un diritto fondamentale della persona, concetto affermato dalla Corte Costituzionale e richiamato dalla stessa Cassazione.

Uno dei requisiti necessari per ottenere la pensione sociale è, infatti, quello di vivere in Italia da almeno 10 anni in modo continuativo e legalmente, ovvero essendo in possesso di carta o permesso di soggiorno di durata superiore a 12 mesi.

La legge, elencando i requisiti, richiede altresì una presenza che non sia episodica o di breve durata; tuttavia, per la Cassazione la richiesta di una permanenza per almeno 10 anni creerebbe una discriminazione tra gli immigrati e i cittadini italiani e quindi, per tale motivo, deve essere dichiarato illegittimo.

L’assegno sociale è una misura introdotta nel 1995 esclusivamente per i cittadini italiani;tre anni dopo si è avuta un’estensione dell’ambito di applicazione a favore degli stranieri residenti legalmente in Italia.

Era il 1998 ed erano pochissime le tutele che il nostro ordinamento prevedeva a favore degli immigrati. Tuttavia, 15 anni dopo siamo giunti, per alcuni aspetti, ad assumere atteggiamenti di perbenismo talvolta eccessivi tanto che nella giornata di ieri l’assessore alle Politiche Sociali del Comune di Roma, Rita Cutini, è giunta ad affermare che "Per ciascuno degli immigrati sopravvissuti al naufragio di Lampedusa il ministero dell'Interno provvede con 35 euro al giorno di cui il 20% (7 euro) è a carico di Roma Capitale". Certo, l'aiuto umanitario è un valore inderogabile e un dovere-potere per ognuno di noi, ma forse, in un momento come quello che stiamo attraversando, gli altri Paesi europei e la stessa Unione Europea dovrebbero intervenire, piuttosto che criticare l'operato degli altri restando però chiusi in casa propria!

€.35 ogni giorno, per un totale di €.1050 mensili!!! Una somma esorbitante se consideriamo quanti cittadini italiani sono disoccupati, quanti in cassa integrazione, quanti percepiscono 800-900€ al mese...cittadini italiani che comunque, ogni giorno, mese, anno devono pagare le tasse per contribuire alla “crescita” del proprio Stato.

Avv. Guglielmo Mossuto